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Trump, inquietanti limiti del Secret Service: quello al golf era un evento privato

Lucio Martino
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All’indomani del secondo attentato alla vita dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, anche a costo di sottolineare l’ovvio, sembra più che mai necessario ricordare da una parte che questo tipo di responsabilità sono sempre personali e dall’altra che il primo emendamento protegge costituzionalmente la più ampia libertà di espressione che si sia mai vista in tutto l’Occidente. Libertà d’espressione che da sempre ha consentito un dibattito politico acceso, a volte anche verbalmente violento. Tuttavia, è molto probabile che non abbiano torto quanti, nell’entourage dell’ex presidente e non solo, riconducono le ragioni che hanno spinto due diverse persone a rischiare la propria vita pur di assassinare un uomo che ormai da quasi dieci anni sta caratterizzando la vita politica statunitense come nessun altro, al trattamento a lui riservato fin dal momento in cui ha annunciato la sua candidatura alla presidenza.

 

 

 

Da allora, oltre che i suoi più diretti avversari politici, grandi e piccoli network televisivi, giornali a tiratura nazionale e locale, celebrità del mondo accademico, dello spettacolo e dello sport, con poche e timide eccezioni, hanno ossessivamente accusato Trump di essere null’altro che un usurpatore, una marionetta controllata da quei Russi che ne avrebbero agevolato la vittoria elettorale e poi, in un crescendo inarrestabile, un impenitente predatore sessuale, un criminale pregiudicato, un vanitoso egocentrico disposto a sovvertire le istituzioni pur di restare al potere, tanto da identificare in lui una chiara minaccia per la stabilità nazionale e internazionale. Non deve quindi sorprendere che personalità particolarmente deboli, come sembra siano quelle delle due persone che hanno cercato di assassinarlo, si siano sentite in dovere di ricorrere alle armi per fermare il tiranno e salvare la democrazia, gli Stati Uniti e il mondo.

 

 

Sorprende invece che solo oggi il presidente Joe Biden abbia annunciato che per la protezione di Trump non saranno più lesinate risorse, tanto da portarla allo stesso livello di quella disposta a favore del presidente in carica. Finora Biden si è dimostrato alquanto parco nell’assegnazione del Secret Service, al punto da averla a lungo negata anche a un Robert Kennedy Jr. che pure viaggiava al di sopra del dieci per cento nei sondaggi nazionali nel suo tentativo di conquistare la Casa Bianca. Se i limiti dimostrati nell’ultimo paio di mesi dal Secret Service sembrano così riconducibili a un ingiustificabile carenza di risorse umane e materiali, specialmente se si considera che Trump sembra debba esser protetto non solo dall’ormai quasi consueto lupo solitario, ma anche da almeno un importante nemico esterno, alcune delle circostanze nelle quali si sono verificati questi due attentati sembrano alimentare interrogativi tutt’altro che insignificanti. Primo tra tutti come faceva l’attentatore a sapere che ieri Trump si sarebbe trovato proprio in quel posto e proprio in quel momento, visto che la sua sessione di golf non era davvero un evento pubblico.

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