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Medioriente, l'ira di Israele per la morte degli ostaggi: "Netanyahu non li ha salvati"

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Per lunedì 2 settembre è stato lanciato un appello allo sciopero generale, accolto dall’Histadrut, il potente sindacato dei lavoratori. «Da lunedì alle 6 del mattino l’intero settore del lavoro sciopererà. Un accordo è più importante di qualsiasi altra cosa», ha avvertito il capo del sindacato, Arnon Bar-David, sostenendo di aver parlato con molti membri dell’apparato di sicurezza e di ritenere che l’accordo sia bloccato «a causa di considerazioni politiche». «Stiamo ricevendo sacchi per cadaveri invece di un accordo», ha aggiunto, «sono arrivato alla conclusione che solo il nostro intervento possa convincere coloro che devono essere convinti». Tra quanti avevano già annunciato l’adesione all’iniziativa di lunedì c’è il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai. A favore dello sciopero generale per «fermare il Paese» anche il leader dell’opposizione Yair Lapid, che in un video ha esortato la popolazione ad aderire alle proteste, a cominciare dalla veglia serale a Tel Aviv presso la sede del Forum, seguita da una manifestazione. «Erano vivi. Netanyahu e il suo gabinetto della morte hanno scelto di non salvare gli ostaggi. Chiedo al sindacato Histadrut, alle grandi aziende e alle autorità locali di fermare l’economia», ha affermato il leader di Yesh Atid, sottolineando che «non si può andare avanti così».

 

 

 

Si tratta di una decisione molto forte, mai presa dal massacro del 7 ottobre e dall’inizio della guerra a Gaza. L’ultima volta che era stato indetto uno sciopero generale dall’Histadrut era stato a fine marzo 2023, dopo che Netanyahu aveva annunciato il licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant per aver chiesto pubblicamente lo stop della controversa riforma della giustizia che aveva scatenato proteste di massa e una frattura nella società. Di fronte alla dura reazione popolare, il capo del governo era stato costretto a metà aprile a rivedere la sua decisione su Gallant. Proprio con quest’ultimo giovedì sera Netanyahu ha avuto nuovamente un durissimo scontro in merito al destino degli ostaggi. Il premier si è impuntato sulla necessità di mantenere le truppe israeliane nel corridoio Filadelfia, al confine tra Gaza ed Egitto - uno dei nodi principali che blocca i negoziati per un accordo con Hamas - e ha riconosciuto di preferire questo alla sorte dei rapiti. Una decisione che secondo il ministro della Difesa mina i colloqui in corso, di fatto impedendo un’intesa per riportare a casa gli ostaggi, abbandonandoli al loro destino. Sabato notte, il recupero dei corpi dei 6 giovani, uccisi con un colpo alla testa meno di 48 ore prima.

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