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Harris promette: "Sarò la presidente di tutti gli americani". E attacca Trump

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Ha promesso di essere la «presidente di tutti gli americani», di lavorare per rendere «di nuovo forte la classe media», da cui proviene. E di «condurre il Paese oltre l’odio, l’amarezza, il cinismo e le battaglie divisive» volute da Donald Trump e dai Repubblicani, ma anche messo in guardia l’Iran e ribadito il privilegio di essere americana. La grande notte di Kamala Harris alla convention Democratica la consegna a prima donna nera candidata ufficiale alla Casa Bianca. Il suo discorso di accettazione della candidatura rappresenta il momento più alto della sua carriera politica. «A nome di coloro la cui storia poteva essere scritta solo nella più grande nazione sulla Terra, accetto la vostra nomination». Il cuore dell’intervento, all’inizio, è girato attorno alla classe media. Harris ha ricordato quando sua madre lasciò a 19 anni l’India per raggiungere gli Stati Uniti, spinta dal «sogno incrollabile di diventare una scienziata che avrebbe curato il cancro al seno». «Rafforzare la classe media è un fatto personale per me - ha sottolineato - perché è la classe media quella da cui provengo».

 

 

 

Su Gaza, la vicepresidente ha ricordato il massacro del 7 ottobre, invocato la liberazione di tutti gli ostaggi di Hamas ma anche definito «devastante quello che sta succedendo a Gaza da dieci mesi». Harris ha detto di stare lavorando con il presidente Biden al cessate il fuoco, a garantire la sicurezza di Israele ma anche fare in modo che i palestinesi possano vedere garantito il loro diritto a essere uno Stato. La candidata Dem ha messo in guardia da Trump, definito «uomo poco serio» ma il cui ritorno alla Casa Bianca «avrebbe conseguenze serie». Prima del suo intervento, era stata una notte musicale, da vero show americano, in grande stile, a tratti sembrava la serata dei Grammy, con cantanti protagoniste, da Pink alle Chicks, con il deejay che aveva scaldato la platea al ritmo di James Brown, Bruce Springsteen e disco dance anni ’70. L’apoteosi con l’ingresso di Harris in coda a una giornata in cui molti ospiti hanno attaccato Trump. Il reverendo Al Sharptin lo ha accusato di aver «alimentato» il razzismo. La senatrice Elizabeth Warren, accolta da un’ovazione che le ha sciolto le lacrime, ha ricordato come a Trump «non interessi il conto della spesa o del carburante ma solo dei suoi avvocati».

 

 

Il senatore Pat Ryan ha definito il tycoon «un bugiardo seriale». Molti ospiti hanno ricordato la definizione di «falliti» data ai caduti di guerra. Harris ha riportato la barra al centro, sottolineando le battaglie per i diritti, a cominciare da quella per l’aborto. Migliaia di donne si sono presentate allo United Center vestite di bianco, in onore delle suffragette e come omaggio alla seconda donna candidata per la Casa Bianca, dopo Hillary Clinton nel 2016. E Harris ha promesso che da presidente firmerà la legge che reintrodurrà il diritto all’aborto. Il finale ha riservato il diluvio di palloncini bianchi, rossi e blu, scesi dall’alto, per dieci minuti, e che hanno coperto tutta la platea, mentre Harris, raggiunta dal marito, Doug Emhoff, e il candidato vice, Tim Walz, insieme alla moglie Gwen, si sono abbracciati come fosse la notte della vittoria. Adesso la campagna elettorale entra nel suo rettilineo finale. Harris dice che uno degli insegnamenti di sua madre è stato quello di non lasciare che venisse definita dagli altri, ma dimostrare loro chi è. Kamala ha promesso di farlo. Se ci riuscirà, le possibilità di vittoria aumenteranno. 

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