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Usa-Israele, la mossa di Kamala Harris è un siluro a Netanyahu
Dal sostegno all’Ucraina al rafforzamento delle alleanze per contrastare Russia e Cina, una Kamala Harris candidata alla Casa Bianca continuerà la politica estera di Joe Biden. Ma c’è chi si aspetta che la democratica possa assumere una linea più dura sulla guerra a Gaza, più propensa a criticare Benjamin Netanyahu e esprimere sostegno e solidarietà al dramma dei civili palestinesi. Il premier israeliano, tra l’altro, in questi giorni è a Washington e la vice presidente, ed ora sempre più probabile nuova candidata alla Casa Bianca, avrà un bilaterale con lui. Ma Harris, che è anche la presidente del Senato, non sarà al Congresso quando Bibi pronuncerà il suo discorso di fronte alle camere riunite in sessione congiunta. Dal suo staff spiegano che solo precedenti impegni elettorali, un evento della ’sorority’ Zeta Phi Beta ad Indianapolis, impediscono ad Harris di presiedere al discorso che, va però ricordato, viene considerato una sfida dagli esponenti della sinistra dem che si oppongono al modo in cui Israele sta conducendo la guerra a Gaza. Si pensi che la presidente pro tempore del Senato, Patty Murray, non ha accettato di presiedere, e non sarà presente per niente in aula, come farà un numero crescente di esponenti democratici.
Riguardo poi alla posizione di Harris, lo scorso marzo Nbcnews aveva rivelato che i funzionari del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca avevano dovuto abbassare i toni di un discorso con cui la vice presidente sottolineava la necessità di un cessate il fuoco di sei settimane e di un accordo per il rilascio degli ostaggi. Nella bozza originaria c’erano parole troppo dure nei confronti di Israele in riferimento alla terribile situazione umanitaria dei palestinesi a Gaza e la necessità di maggiori aiuti per la Striscia. Allora un portavoce di Harris definì le rivelazioni «inaccurate». Anche Politico ritiene che c’è una certa differenza tra la posizione su Gaza di Biden e Harris, che dall’inizio della guerra ha ripetuto a colleghi dell’amministrazione, compreso il presidente, che avrebbe voluto che la Casa Bianca mostrasse più preoccupazione in pubblico per la situazione umanitari. Secondo una fonte vicina all’ufficio della vice presidente, Harris ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero essere «più duri» con Netanyahu e dovrebbero «cercare con più forza una pace a lungo termine e la soluzione dei due stati».
Questo potrà fare in modo che gli elettori dem della comunità arabo-americani, i giovani e progressisti - alcuni dei quali hanno fatto una vera e propria campagna contro Biden durante le primarie a causa del suo incondizionato sostegno a Israele - potrebbero essere più aperti ad una candidatura di Harris «perché non viene vista come responsabile della politica di Biden su Israele, la speranza è che questo possa aiutare i suoi numeri», spiegano fonti vicine all’amministrazione Biden. D’altra parte, Harris ha forti legami con la comunità ebreo americana, tramite il marito Doug Emhoff, che in questi anni alla Casa Bianca ha assunto un ruolo di liaison con la comunità ebraica, soprattutto concentrato sugli sforzi dell’amministrazione per combattere l’antisemitismo.