la sfida dei paperoni

Usa, la battaglia dei finanziatori e quel Soros che rispunta dietro ai Dem

Edoardo Sirignano

L’altra battaglia americana è quella dei finanziatori, dei paperoni che investono milioni e milioni di dollari su quello che ritengono essere il cavallo vincente. A far discutere, nelle presidenziali 2024, è soprattutto la discesa in campo di Alexander Soros. Il 37enne, molto conosciuto per la vita mondana e poco per la professione, attraverso un post su «X», dichiara sostegno incondizionato a Kamala Harris, colei che è stata indicata da Biden per prenderne il posto: «È la candidata migliore e più qualificata che abbiamo». Un sostegno che non passa inosservato, considerando che stiamo parlando del figlio di George, il finanziere di origini ungherese oggetto di molteplici teorie complottiste, spesso antisemite, a causa delle sue Open Society Foundations, attraverso cui finanzia quelle Ong, che trasportano migranti in Italia. Non a caso, tra i primi a mettere l’accento sulla sponsorizzazione è il vicepremier Matteo Salvini, primo nemico del connubio trafficanti di esseri umani-organizzazioni non governative: «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei», scrive su Facebook.

 

  

Lo stesso banchiere, d’altronde, come sollevato in più interrogazioni, ultima quella del deputato di Fdi Antonio Baldelli, è tra i grandi sponsor di Sinistra Italiana, tra le forze più ostili al governo per quanto concerne la lotta ai trafficanti di esseri umani. A beneficiare di tali incentivi, però, non è il solo partito di Fratoianni. Ci sono anche il movimento «Demos», +Europa (secondo Calenda prima delle ultime politiche, avrebbe ricevuto un assegno da un milione e mezzo di euro) e l’associazione Agenda, di cui Elon Musk Il patron di «X» e »Tesla» donerà al comitato America Pac, creato per sostenere Trump, 45 milioni di dollari al mese Mark Andreesen L’uomo più influente della Silicon Valley prova a mettere insieme il mondo dell’IA e dell’alta tecnologia per battere i democratici fanno parte big del Nazareno, come il responsabile Esteri Giuseppe Provenzano. Nel lontano 2014, guarda caso, il magiaro newyorkese includeva Elly Schlein nella sua lista di «alleati affidabili». I Soros, però, non sono gli unici a schierarsi per Kamala. Se la raccolta fondi di Biden non riusciva a tenere il passo con quella di Trump, Harris, nelle sole 7 ore successive al lancio, ha raccolto quasi 50 milioni di dollari. Potrà contare sull’appoggio di diversi ricconi.

 

Per citarne qualcuno: Reid Hoffman, co-fondatore di Linkedin, che l’ha definita «la persona giusta al momento giusto»; Brad Karp della società di consulenza Paul Weiss; Rogert Altman, fondatore della banca Evercore e Mark Cortale, noto produttore di Broadway. Dall’altra parte dello schieramento, comunque, Trump non è circondato da poveracci. A suo favore c’è il patron di Tesla Elon Musk. La seconda persona più ricca del pianeta, sostiene, senza se e senza ma, le battaglie del Tycoon. Donerà al comitato America Pac, creato per appoggiare la campagna presidenziale di Donald, 45 milioni di dollari al mese. A sostenere il fronte conservatore pure suoi diversi associati, come l’investitore tecnologico Joe Lonsdale, Antonio Gracias, attuale membro del consiglio di Space X, Doug Leone e Shaun Maguire, partner di Sequoia Capital. Il vero punto di forza dei rossi, comunque, ha un nome e un cognome: Marc Andreessen, la persona più influente di tutta la Silicon Valley. Si sarebbe posto come obiettivo quello di riunire il mondo dell’intelligenza artificiale e dell’alta tecnologia per la causa dei rossi. Se riuscirà nell’intento, sarà quasi impossibile battere Trump.