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Cina-Usa, guerra dei supercomputer: "Pechino cela i progressi, la realtà è diversa"

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Una cappa di segretezza sta progressivamente calando sui progressi della Cina nello sviluppo di supercomputer, un ambito che per decenni ha visto collaborare attivamente scienziati cinesi e statunitensi. È quanto afferma il quotidiano «Wall Street Journal», secondo cui Pechino ha progressivamente aumentato il livello di riservatezza in risposta agli sforzi di Washington di ostacolare il progresso tecnologico della prima potenza asiatica. Stando al quotidiano, la Cina ha recentemente interrotto la propria partecipazione al forum Top500, che si occupa di stilare una classifica dei 500 supercomputer più potenti al mondo. L’ultima edizione della classifica, pubblicata il mese scorso, attribuisce agli Stati Uniti i tre supercomputer più potenti al mondo, ma «la realtà è probabilmente diversa»: secondo il cofondatore di Top500, Jack Dongarra, «i cinesi dispongono probabilmente di macchine più veloci, ma non ci hanno presentato i loro risultati». Secondo Dongarra, Pechino teme che vantare i propri progressi nello sviluppo di supercomputer esporrebbe il Paese a ulteriori restrizioni statunitensi alle forniture di chip avanzati.

 

 

 

Come sottolineato dal quotidiano, i supercomputer sono strumenti essenziali per il conseguimento di progressi scientifici, tecnologici e industriali nei campi più disparati: dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale, a quello dei vaccini, sino alla previsione dei fenomeni meteorologici estremi. La fine della collaborazione tra Stati Uniti e Cina nell’ambito dello sviluppo dei supercomputer avrà quasi certamente ricadute negative per il progresso scientifico e tecnologico a livello globale. Sarà inoltre difficile stabilire se i supercomputer più potenti al mondo si trovino negli Stati Uniti o in Cina: già oggi, indizi in proposito possono essere ricavati solo dall’analisi di ricerche pubblicate in Cina o cercando di interrogare scienziati cinesi durante convegni internazionali. Le incognite in merito allo sviluppo dei supercomputer in Cina presenta implicazioni anche nel campo della difesa, come dichiarato al «Wall Street Journal» da Jimmy Goodrich, consulente senior e analista tecnologico del think tank Rand Corp.: «Se la controparte può usare un determinato supercomputer per simulare e sviluppare un aereo da combattimento o un sistema d’arma il 20 per cento, o anche solo l’1 per cento migliore del nostro in termini di autonomia, velocità o precisione, colpirà per primo, e sarà scacco matto», ha avvertito l’esperto.

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