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Trattative Ue, le condizioni di Meloni per il sì a Von der Leyen

Edoardo Romagnoli
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«È stata un’ora intensa». Sono queste le prime parole di Ursula von der Leyen dopo l’incontro con la delegazione di Ecr (Gruppo dei conservatori e dei riformisti europei) per sondare il terreno in vista della plenaria di domani. La presidente della Commissione, in cerca di una riconferma, può contare su 399 voti, 38 in più rispetto alla maggioranza necessaria, ma la spada di Damocle dei franchi tiratori è ancora in bilico sulla sua testa. Anche perché storicamente, con il voto segreto, c’è sempre stata una quota di circa il 10% di «defezioni». Per questo Ursula ha fatto una serie di consultazioni con i vari gruppi per capirne l’orientamento. Ieri è stata la volta dei conservatori. Il primo a prendere la parola è stato Carlo Fidanza che ha chiesto alla presidente un «radicale cambio di passo sul Green Deal, il superamento dell’approccio ideologico che ha caratterizzato la legislatura appena conclusa, il rispetto della neutralità tecnologica, la salvaguardia della competitività delle nostre imprese». Anche perché, come ha sottolineato Fidanza, il voto del 9 giugno ha sancito la vittoria di quei partiti che hanno criticato l’attuazione del Green Deal. Da parte sua Ursula ha spiegato che il Green Deal fa parte del suo nuovo programma per i prossimi 5 anni ma «la transizione deve essere giusta altrimenti non funzionerà».

Nel corso dell’incontro è stato trattato anche il tema migranti. Fidanza ha dato atto a von der Leyen di «aver saputo resistere alle pressioni delle sinistre che hanno cercato di boicottare gli accordi con la Tunisia e con l’Egitto» e ha auspicato che si prosegua «sulla strada tracciata da Giorgia Meloni, con nuovi accordi con i Paesi africani per fermare le partenze e sconfiggere le mafie dei trafficanti». Su questo dossier la presidente della Commissione ha trovato una forte opposizione da parte dei Paesi dell’Europa orientale contrari all’implementazione del sistema di redistribuzione obbligatoria dei migranti preferendo soluzioni più rigide per gestire i flussi migratori. Stesso discorso per le posizioni di von der Leyen sulla sicurezza e sulla difesa. La proposta di una difesa comune europea non ha convinto molti Stati membri che ritengono come la creazione di strutture di difesa parallele all’interno dell’Ue potrebbe indebolire la capacità di difesa complessive dell’Europa. È chiaro che i conservatori non hanno nessun interesse a sciogliere le riserve in vista della plenaria, nel tentativo di riuscire a ottenere una posizione di peso per l’Italia. Su questo però von der Leyen non si è sbilanciata affermando che, al momento, la sua intenzione è quella di nominare un «vicepresidente» dell’esecutivo Ue che «coordini» il lavoro per «ridurre la burocrazia in Europa». Da fonti Ue sembrerebbe che al momento il gruppo di Ecr sia più propenso a votare contro la riconferma di von der Leyen, ma si attende la posizione di Giorgia Meloni. Anche Identità e democrazia (di cui fa parte la Lega) dirà no all’Ursula bis che invece potrà contare, ovviamente, sul sostegno del Partito popolare europeo (di cui fa parte Forza Italia).

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