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Trump così è già alla Casa Bianca. Può fare meglio di Biden

Roberto Arditti
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Donald Trump è vivo per un paio di centimetri, quelli che distano dal punto in cui è stato colpito da quello che gli avrebbe fatto fare la fine di John Kennedy: lo tengano a mente i retroscenisti in servizio permanente effettivo. Ma al netto di questo (e proprio perché l’ex Presidente è ancora tra noi) possiamo dire che il colpo di AR 15 (Armalite Rifle, Design 15) che non l’ha ammazzato lo manda, anzi lo rimanda, dritto alla Casa Bianca, poiché adesso lui esce dalla cronaca ed entra nella storia. Siamo cioè già oltre la sfida con Joe Biden (o chi ci sarà al posto suo), siamo già dentro un nuovo mandato Trump e dobbiamo da subito capire cosa sarà: quindi ci proviamo. Intanto va detto che pur in presenza di aspetti assai criticabili del personaggio (pessimo nelle ore di Capitol Hill, egoriferito e spesso incline alla spacconeria da Saloon alla Sergio Leone) Trump gioca pienamente «dentro» la democrazia, alla faccia di tante anime belle di estrazione liberal. Anzi lavora come molti leader di destra per tenere «a bordo» una fetta enorme di opinione pubblica che si sente, a torto o a ragione, tradita dal sistema. Ma poi va detto che anche per lui vale il frutto dell’esperienza: può cioè fare meglio nel secondo mandato che nel primo.

 

 

Può quindi mettere fine al conflitto in Ucraina, chiarendo a Putin che non può giocare con gli Stati a lui vicini come fossero birilli di sua proprietà, così come può imporre in Medio Oriente un passo avanti verso la pace intorno a due pilastri: la sicurezza indiscutibile d’Israele e il diritto del popolo palestinese alla liberazione da Hamas (su cui si dovranno applicare Egitto e Arabia Saudita). E poi può fronteggiare l’offensiva cinese in Oriente difendendo Taiwan (con l’aiuto di Sud Corea, Giappone e Filippine) e chiarendo a Pechino che nessuna espansione territoriale per via militare è consentita. Poi c’è l’Europa, dove la ricetta Trump può contribuire a suonare definitivamente la sveglia a tutti. Qui c’è poco da buttarla in filosofia: il fronte Sud (Mediterraneo) e quello Est (verso la Russia) sono «roba nostra» ed è tempo di uscire dall’adolescenza. Il costo in tema di difesa e sicurezza deve essere sui bilanci europei perché è giusto ed (anche) inevitabile, si abituino Roma, Londra, Parigi, Berlino e Varsavia all’idea che presto il 2% sarà superato da esigenze ben maggiori.

 

 

Trump poi è atteso da due capitoli essenziali su cui misurare il suo gradimento in casa Usa. Il primo è una vera svolta in tema di opposizione all’immigrazione clandestina (i dati degli ultimi anni al confine sud sono semplicemente impressionanti) ed il secondo è nel rafforzamento dell’industria americana in ogni direzione possibile (tema che vale per l’Europa in non minore misura). Per capirci meglio, facciamo un esempio: la battaglia contro lo strapotere cinese in materia di batterie elettriche si fa non certo strillando alla luna, ma favorendo in ogni modo tutte le produzioni che servono, filiera dell’automobile in primis. Certo, qui nessuno ha la sfera di cristallo e non si possono dispensare ipotesi come certezze assolute. Però è davvero assai probabile che il quasi morto Trump (siamo sempre ai due centimetri) finisca per battere il quasi vivo Biden (o sostituto). L’ha capito benissimo Elon Musk, che da ore strilla il suo sostegno al candidato Gop. Non è un tipo che sbaglia facilmente, come abbiamo imparato in questi anni.

 

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