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Joe Biden: "Vado avanti". Ma gli 007 americani rivelano la data del ritiro

Aldo Torchiaro
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 «Biden si ritira, ha già scritto il discorso. Lo tiene pronto, l’annuncio sarà scioccante ma chi deve sapere, sa già». Incontriamo l’uomo dei segreti a Roma, ieri, sotto un cielo coperto di nuvole. L’uomo che conosce i segreti americani tra 007 e diplomazia ha gli occhi azzurri, dietro agli occhiali scuri. Si usa così anche se è brutto tempo, per non essere troppo riconoscibili. «La notizia del ritiro di Biden è certa», ci viene detto. Quando sarà comunicata? Ieri c’è stata una ridda di voci. Si parla di pressioni e di ripensamenti. Freni e frizioni. A motore acceso. «Il tentativo è quello di sorprendere Trump. Non si farà trapelare niente fino alla convention repubblicana che si terrà a Milwaukee tra il 15 e il 18 luglio». La convention è il fulcro centrale della campagna repubblicana: pioveranno soldi per finanziare la macchina elettorale e i network televisivi attendono con ansia il momento in cui sarà rivelato il ticket presidenziale, il nome del vicepresidente designato da Donald Trump.

 

Dunque, fino a quel momento, acqua in bocca. Segreto di Stato. Ma da venerdì 19 luglio, liberi tutti. «Appena terminata la convention del Great Old Party nel Wisconsin, Joe Biden darà l’annuncio del suo passo indietro. Accompagnato da un certificato medico dove si dirà che ragioni di salute gli impediscono, purtroppo, di continuare la corsa». Giusto un mese per costruire la candidatura alternativa – anche qui, le voci sono disparate – e dal 19 al 22 agosto si terrà la convention dei Democratici, a Chicago, per consacrare la nomination del candidato (o la candidata?) dem alle elezioni del 5 novembre.

 

Un colpo di reni con cui gli strateghi dietro alla campagna democratica sperano di capovolgere i pronostici. Anticipato a Il Tempo, in un incontro fortuito, da uno degli ufficiali di collegamento tra Roma e Washington. Non a caso in questi giorni si moltiplicano le «barbe finte»: all’ambasciata americana è il momento della festa nazionale di oggi, 4 luglio. E per gli Stati Uniti la Capitale italiana è da sempre una delle sedi privilegiate, un crocevia di informazioni – e di informatori – di primo piano. È stata la sede di pezzi grossi della Cia del calibro di Robert Gorolick e Jack Devine, e di un italo-americano assai rilevante, nella storia spionistica, come Giampaolo Spinelli. E il centro storico è anche il luogo dove l’ex segretario alla Giustizia americano William Barr aveva incontrato nell’agosto 2019 l’allora direttore del Dis, Gennaro Vecchione. Il general attorney americano era stato mandato in missione da Trump nell’ambito della «contro-inchiesta» per trovare prove del coinvolgimento dei nostri servizi – ai tempi del governo Renzi – in un presunto complotto di agenti Fbi infedeli per affossare la corsa elettorale del tycoon nel 2016. L’incontro al vertice, dopo un tete à tete con Giuseppe Conte, era finito intorno a una ricca tavolata nel ristorante Casa Coppelle, nell’omonima piazza.

L’uomo che incontriamo ha i capelli brizzolati e tanta storia alle spalle e queste partite le ha viste o vissute tutte. Ci spiega che anche tra gli americani che fanno questo lavoro ci sono divisioni forti. «Tutti lavorano per gli Stati Uniti, ma in modo diverso», ci viene detto. Verosimilmente per cordate opposte che tirano la volata, in questa guerra di informazioni, per candidati diversi. Intanto ieri la Casa Bianca ha ribadito che Biden «non sta assolutamente» pensando di ritirarsi dalla corsa.
Un’affermazione che smentirebbe un articolo del New York Times, secondo cui il presidente starebbe valutando di lasciare. Non solo. Sempre ieri la Casa Bianca ha affermato che il Presidente non si è sottoposto ad alcun esame medico da febbraio.

Secondo il referto pubblicato cinque mesi dal medico del presidente, il dottor Kevin O'Connor, l’esame neurologico «estremamente dettagliato» condotto su Biden non aveva rilevato alcun problema che potesse collegarsi a ictus, sclerosi o Parkinson e che «non c’era nessuna nuova preoccupazione» per la sua salute.

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