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Macron-Mélenchon, il patto con l'ex nemico (filo russo e anti Israele) getta nel caos i riformisti

Aldo Torchiaro
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I riformisti francesi vivono il momento peggiore della loro vita. Un incubo vero e proprio: archiviato il macronismo in fretta e furia, si trovano in pochi giorni davanti a un dissidio epocale. Esistenziale. Il 7 luglio, al secondo turno delle legislative, voteranno i lepenisti o gli antisemiti? Gli euroscettici o gli antiatlantisti? Il bivio, di quelli con la storia, non riguarda pochi: il 20% degli elettori francesi è sospeso tra la marcia indietro e il salto nel buio. Tutto lo swing-vote decisivo è compreso in quell’ago della bilancia centrista in grado di determinare l’una o l’altra scelta. In vista del ballottaggio il Nuovo Fronte popolare che riunisce tutta la sinistra, incluse formazioni anticapitaliste e radicali, e l’area di Macron, Ensemble, aderiscono a un patto di desistenza per battere la formazione di Marine Le Pen, ma le distanze tra i partiti restano. Fino alle 18 di oggi, prevede il regolamento elettorale francese, in ogni collegio potranno essere presentate le dichiarazioni di ritiro. Le hanno già firmate in 169. Venendo meno le «terze opzioni» sulla scheda del ballottaggio, si andrà a un referendum diretto tra l’opzione lepenista e l’alternativa. Ma le incertezze tra gli elettori, decisive, si fanno ancor di più forti.

 

 

Caterina Avanza, l’enfant prodige italiana che Macron aveva voluto, appena laureata, nel suo primo staff presidenziale, racconta come in quel mondo si sia aperto il cratere dell’incertezza e il cosiddetto «Fronte repubblicano», (tutti uniti contro i lepenisti) mostri le crepe: «Il fronte repubblicano fa acqua da tutte le parti. Non tiene come all’epoca di Chirac. Certo l’attitudine comunitarista con tendenza antisemita di France Insoumise non aiuta, tanti sono quelli che dicono né Bardella, né Mélenchon». Il direttore del Riformista, Claudio Velardi, non nasconde l’imbarazzo in un video diventato virale: «Sono tutti invotabili. Io da macronista non potrei scegliere, quella sinistra antieuropeista, antisemita, antiatlantica è opposta a tutti i miei valori». Mélenchon, ce l’hanno tutti con lui. E non senza ragione. Il leader della France Insoumise da noi avrebbe la targa del rossobruno: predica un sovranismo forte, una spinta antieuropeista condita da note di antisemitismo già oggetto di attenzione della giustizia francese.

 

 

Serge Klarsfeld, ebreo, famosissimo in Francia perla sua attività di cacciatore di nazisti ha suscitato un enorme clamore perché ha dichiarato che dopo aver votato Macron al primo turno, voterà per Le Pen e Bardella al secondo. E nello stesso segno il voto di Alain Finkielkraut, punto di riferimento della cultura liberale francese. Questi, ebreo ed erede di internati ad Auschwitz, ha recentemente dichiarato che sta prendendo in esame il voto per il partito di Marine Le Pen descrivendo così la sua scelta, comunque definita «da incubo»: «Non è ancora il caso, ma forse a più o meno lunga scadenza sarò costretto a questo voto se non ci sarà alternativa». «Ci sono dei candidati di estrema sinistra, putiniani e antisemiti che gli elettori di Macron non voteranno mai», taglia corto Sandro Gozi. È l’unico italiano presente nel parlamento europeo, eletto proprio dal partito di Macron nei banchi centristi di Renew Europe. E se la prende con chi aveva illuso la sinistra riformista, rivelandosi un fuoco di paglia: «in Italia è stato molto celebrato Glucksman, il nuovo leader socialista francese, ma ha perso l’occasione della vita, doveva guidare un’alleanza socialdemocratica, si è rivelato subalterno agli estremisti».

 

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