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Biden resta o lascia? In ritiro con la famiglia per decidere il suo futuro

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Camillo Barone
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Il destino della candidatura democratica, e cioè la prosecuzione per Joe Biden dopo la prova appannata nel duello televisivo con Donald Trump, si sposta da Washington a Camp David. Lì è previsto che il presidente Usa discuta con la sua famiglia il futuro della campagna elettorale per la sua rielezione. Ascriverlo è stata ieri Nbc News citando fonti informate. La visita a Camp David era stata programmata prima del dibattito televisivo di giovedì e prevedeva che il presidente americano e la first lady Jill Biden raggiungessero lì figli e nipoti. «Una riunione informale», come sottolineano le fonti, ma che potrebbe essere determinante per «un ripensamento» di Biden. Alcuni democratici ritengono che solo il presidente, dopo essersi consultato con la sua famiglia, possa decidere se andare avanti o terminare anticipatamente la sua campagna. «Chi prende le decisioni sono due persone: il presidente e sua moglie», ha detto una delle fonti vicine ai colloqui, aggiungendo: «Chi non capisce quanto profondamente personale e familiare sarà questa decisione non è informato sulla situazione».

 

 

 

Chi non contempla l’ipotesi dell’addio è invece il suo staff. «Biden sarà il candidato democratico, punto. Fine della storia. Gli elettori hanno votato. Ha vinto in modo schiacciante». Così in una mail inviata ai sostenitori il vice direttore della campagna di elettorale del presidente americano, Rob Flaherty. A riportarlo Abc news che citando lo stesso esponente ha detto: «Se Biden dovesse ritirarsi, ciò porterebbe a settimane di caos, lotte interne e candidati che arrancano in una brutale rissa sul palco della convention, mentre Trump avrebbe il tempo per parlare, incontrastato, agli elettori americani». Tutto questo, continua, «sarebbe al servizio di un candidato che si presenterebbe alle elezioni generali nella posizione più debole possibile con zero dollari sul proprio conto bancario. Volete un’autostrada per perdere? È questa». In simile contesto diventa dunque fondamentale rassicurare anche i donatori che, a suon di dollari, stanno sostenendo la corsa di Biden. Nelle ultime ore il candidato democratico ha intensificato gli incontri alle raccolte fondi, nell’intento di rassicurare i suoi elettori sul suo stato di salute sostenendo di essere in grado di vincere le elezioni nonostante la performance con il predecessore Trump. «Non ho avuto una buona serata, ma nemmeno Trump», ha detto Joe durante uno degli eventi di raccolta fondi organizzati negli Stati di New York e New Jersey, nel nord-est degli Stati Uniti. Jill Biden ha difeso con forza il marito ottantunenne di fronte agli appelli a ritirare la sua candidatura, affermando che «Joe non è solo la persona giusta per questo lavoro, è l’unica persona per questo lavoro».

 

 

 

Una strategia non in sintonia con le idee espresse da tutta la stampa americana che ha già chiesto a Biden di ritirarsi. Non era mai successo prima d’ora nella storia americana. Per l’attuale numero uno della Casa Bianca non sarebbe però la prima volta nella sua vita in cui tutto sembra essere finito per sempre. A meno di 30 anni, perse all’improvviso moglie e figlia e nel 2015 un altro figlio è morto di cancro. La stampa non ha mai appoggiato le sue candidature al Senato e alla vice presidenza nel 2008, per poi remare contro la sua discesa in campo alle primarie e presidenziali del 2020. Gli attacchi feroci delle ultime ora difficilmente lo potranno convincere a farsi da parte. Non ascoltare consigli e pressioni è nel suo dna, hanno sempre detto le persone a lui vicine. Negli ultimi tre giorni però gli esponenti eletti del Partito democratico sia alla Camera che al Senato hanno tempestato di messaggi giornalisti di più testate, manifestando panico, sconcerto (e a tratti rabbia) per la scelta di ricandidarsi a un secondo mandato. Nessuno tra questi eletti però ha finora avuto il coraggio di manifestarsi apertamente, chiedendo quindi agli stessi cronisti di restare off the record e scrivere solamente di profondi malumori interni al partito, senza citare alcun nome. Questo modo di protestare, al momento poco audace, ha motivi ben chiari: inimicarsi il presidente democratico in carica è un prezzo troppo alto da pagare, soprattutto se dovesse essere rieletto. Lo sconforto monta ancora di più da quando i giganti del partito - Barack Obama, Bill e Hillary Clinton - gli unici per ora, sono scesi immediatamente in soccorso. Per loro, la partita è ancora aperta, e nessun’altro sarebbe davvero in grado di battere Trump come lui ha già fatto nel 2020. Ma salvo colpi di scena e ripensamenti improvvisi, questo è ciò che accadrà nei prossimi mesi.

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