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Le Pen-Macron, scontro con vista Europa: l'incognita Francia sul futuro dell'Unione

Pietro De Leo

C’è un passaggio che si incrocia con il percorso, assai sofferto, di formazione della Commissione Europea. E riguarda le elezioni Parlamentari francesi, che si svolgono tra oggi, primo turno, e domenica prossima, ballottaggio. La Francia, infatti, ha un sistema elettorale che prevede due round, ma non come siamo abituati a concepirli noi italiani. Coincide il fatto che se nessuna forza raggiunge la maggioranza assoluta al primo, allora si scavalla al secondo, ma - e qui sta la differenza- ad accedervi saranno tutte le forze che hanno superato il 12,5% di soglia. Questo, però, non esclude la possibilità che il cartello elettorale centrista di Macron, Ensemble, possa restare escluso in molti collegi, considerando l’attrattiva da un lato di Rassemblement National, dall’altro di Front Populaire, l’agglomerato delle quattro sinistre (Socialisti, “melanchonisti”, comunisti e verdi).

 

  

 

 

I sondaggi accreditano il successo per il partito di Marine Le Pen, che alla vigilia è accreditata per raggiungere la maggioranza assoluta di 289 seggi. In caso di nascita di un governo di Rn, che probabilmente sarebbe guidato dall’under 30 Jordan Bardella, ciò complicherebbe in parte il percorso di formazione della Commissione Europea. Da due punti di vista. Se le dinamiche nazionali non possono incidere in modo diretto sugli assetti numerici europei, in una fase di gestazione dell’Esecutivo il crollo quasi definitivo del macronismo potrebbe avere un suo peso politico, considerando che esso costituisce una delle tre colonne della maggioranza Ursula, insieme ai Popolari, prima, e i socialisti di Scholz. Poi c’è un tema che riguarda, invece, l’indicazione del Commissario. Emmanuel Macron ha affermato di voler mantenere a Bruxelles Thierry Breton, l’uscente al mercato interno, addirittura con un portafoglio più ampio. Marine Le Pen, invece, ha preventivamente affermato di non essere d’accordo con questa scelta, accusando Breton di non aver «difeso gli interessi dei francesi». E poi ha aggiunto: «Nominare il commissario europeo è prerogativa del primo ministro».

 

 

Vero. Il Presidente della Repubblica francese, infatti, ha una sorta di monopolio sulla politica estera e di difesa. Le questioni interne ed europee, invece, sono appannaggio del governo. Ora, se ciò non genera problemi in caso di omogeneità politica tra i due livelli, può farne nascere tanti in caso di coabitazione. Come il caso che potrebbe verificarsi. E che va a impattare sulle tempistiche. Di norma, per formare un governo in Francia i tempi sono piuttosto brevi, non si arriva alle due settimane trascorse le elezioni. Quindi, considerando che i ballottaggi saranno il 7 luglio, possiamo ipotizzare intorno al 20 o 21. Il voto dell’Europarlamento sulla Commissione, però, è in programma per il 18. Cosa farà Ursula von der Leyen dell’indicazione di Macron, sia sul piano del nome che delle deleghe? Un nodo di non facile risoluzione, specie considerando la complessità del quadro generale.