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Iran, sarà ballottaggio tra Pezeshkian e Jalili. Flop affluenza per il regime

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L’Iran va al ballottaggio presidenziale tra il candidato riformatore Massoud Pezeshkian e l’ultraconservatore Said Jalili. Secondo i parziali diffusi dal ministero dell’Interno iraniano, nessun candidato ha ottenuto più della metà dei voti e il politico azero sostenitore della distensione con gli Usa e il capo negoziatore sul nucleare si affronteranno nel secondo turno, che si terrà il 5 luglio. Delle 14 elezioni presidenziali tenutesi a partire dalla Rivoluzione islamica del 1979, solo una è stata finora decisa al secondo turno, nel 2005. Su 19 milioni di schede scrutinate, Pezeshkian aveva ricevuto 8,30 milioni di voti e Jalili, 7,19. Entrambi sono nettamente davanti al presidente del Parlamento, il conservatore Mohamad Baquer Ghalibaf, con 2,68 milioni di voti. Molto più indietro il quarto candidato, Mostafa Pourmohammadi, unico religioso in corsa, che ha ottenuto solo 158.314 voti. 

 

 

Record negativo per quanto riguarda l’affluenza: il voto ha registrato una partecipazione di appena il 40% degli aventi diritti, quasi 9 punti in meno delle precedenti del 2021 e la più bassa dalla fondazione della repubblica islamica nel 1979. Ieri la massima autorità della Repubblica islamica, l’Ayatollah Ali Khamenei, aveva invitato gli elettori a «prendere sul serio il voto e a parteciparvi». Gli oppositori, soprattutto quelli della diaspora, hanno invece chiesto il boicottaggio del voto. Una forte partecipazione era auspicata dalle autorità mentre le elezioni presidenziali del 2021, per le quali nessun candidato riformista o moderato era stato autorizzato a competere, sono state contrassegnate da un’astensione record. 

 

 

Si opporranno ora due personalità con profili e programmi molto diversi. Sessantanove anni, chirurgo di professione, Massoud Pezeshkian è membro del parlamento e ha un’esperienza governativa limitata: è stato ministro della Sanità dal 2001 al 2005 nel governo riformista di Mohammad Khatami. Non ha esitato a criticare il governo durante il movimento di protesta provocato dalla morte in detenzione di Mahsa Amini nel settembre 2022. Said Jalili, 58 anni, è invece un sostenitore di una politica inflessibile nei confronti dell’Occidente. Lo ha dimostrato durante i sei anni in cui ha guidato i negoziati sul nucleare iraniano, tra il 2007 e il 2013. Nel corso della sua carriera, Jalili ha raggiunto posizioni chiave all’interno della Repubblica islamica con la fiducia del leader supremo, l’Ayatollah Khamenei. Attualmente è uno dei due rappresentanti del Consiglio supremo di sicurezza nazionale, il massimo organo di sicurezza del Paese. Qualunque sia il risultato, le elezioni dovrebbero avere ripercussioni limitate perché il presidente ha poteri limitati: è responsabile di applicare, a capo del governo, gli indirizzi politici di massima stabiliti dalla guida suprema, che è il capo dello Stato.

 

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