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Ursula von der Leyen, il ricatto con tempismo sospetto: infrazione per deficit

Filippo Caleri
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Con il classico tempismo europeo che può apparire sospetto (ma a pensar male si fa peccato, ma in genere ci si azzecca, chiosava con arguzia Giulio Andreotti) la scure di Bruxelles si abbatte sui deficit di sette paesi europei. Troppo debito insomma per, tra gli altri, Italia, Francia e Spagna. Sì la comunicazione era attesa e già ampiamente scontata sia dai mercati che dagli analisti politici ed economici. Ma è chiaro che in un momento di trattativa così delicato e con le elezioni in terra transalpina che possono rappresentare la frattura di sistema con l’arrivo al potere della destra di Le Pen, l’annuncio del cartellino giallo sui conti pubblici rappresenta un elemento di disturbo che aggiunge tensione a un quadro politico complicato. Inutile fasciarsi la testa. Ora partirà la trattativa con Bruxelles per concordare i piani di rientro e la forza acquisita dall’Italia sullo scacchiere europeo dopo il voto lascia ben sperare in atterraggio morbido per fare rientrare nei giusti binari la finanza pubblica.

 

 

 

A gettare acqua sul fuoco è il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «La comunicazione era ampiamente prevista con il boom di deficit indotto dalle misure eccezionali non potevamo certo pensare di stare sotto il 3%». Il governo ha avviato un percorso di responsabilità della finanza pubblica apprezzato dai mercati e dalle istituzioni Ue: «Andremo avanti così, quindi non è niente di sorprendente», ha aggiunto il ministro. Oltre all’Italia sono finiti sotto i riflettori: Francia, Belgio, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia. Il percorso della procedura d’infrazione è frutto del mancato rispetto dei vincoli per disavanzo e debito pubblico, che sono da tenere rispettivamente entro il 3% e il 60% del Pil. Regole che hanno meno senso rispetto alla loro formulazione nel Trattato di Maastricht. Dopo gli annidi stop dovuti al Covid e alla guerra in corso, le nuove sfide mondiali che richiedono investimenti miliardari agli Stati, il ritorno del rigore ha poco senso. Ma nonostante il buonsenso il Patto di stabilità non è stato più sospeso e anzi applicato per la prima volta nella formula rinegoziata in vigore da fine aprile che tiene ben stretti i cordoni della borsa. Seppure introducendo una rivoluzione sul ritmo per il rientro del deficit eccessivo, oltre a introdurre un controllo dei conti con le traiettorie pluriennali di spesa, non ha scalfito il principio che la spesa a debito non può essere finanziata. Si parte da valori importanti. A fine 2023 l’Italia era ai massimi Ue con un rapporto deficit sul Pil al 7,4%, con la previsione della Commissione che si scenda al 4,4% nel 2024 per risalire al 4,7% nel 2025 (a politiche invariate). Entro il 20 settembre gli Stati membri dovranno sottoporre alla Commissione dei piani di medio termine (4-7 anni) per ridurre il debito, successivamente verranno fornite raccomandazioni sui piani di medio-termine, sulle bozze delle manovre del 2025 indicando le correzioni per il deficit. Che si tradurrà però solo a novembre nella raccomandazione formale sull’entità di aggiustamento richiesto.

 

 

Il cammino della finanza pubblica italiano, con la spada di Damocle degli euroburocrati, sarà dunque pieno di ostacoli. Si parte secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio laprossima Manovra, a politiche invariate, costerà almeno 20 miliardi. Ma vanno trovate risorse adeguate per coprire gli interventi in programma, a partire dalla proroga del taglio del cuneo fiscale, che da solo vale quasi 11 miliardi. In più le stime fissano il Pil 2024 allo 0,8%, per poi salire all’1,1% nel 2025 e rallentare di nuovo allo 0,8% nel 2026. La piena attuazione del Pnrr potrebbe portare ad una crescita del Pil di 3 punti percentuali, inferiore dello 0,5% rispetto a quanto previsto dal Mef, ma gli interventi previsti andranno attuati tempestivamente. Insomma l’alea è elevatissima. Eppure l’eurocommissario Paolo Gentiloni difende il nuovo Patto con un artificio semantico. «Non dobbiamo confondere la cautela nella spesa con l'austerità», ha detto il commissario all’Economia Paolo Gentiloni. «La cautela nella spesa è necessaria nei paesi ad alto debito e deficit molto alto», ma l’Italia «ha un volume di fuoco possibile di investimenti senza precedenti» con il Pnrr e deve quindi «moltiplicare gli sforzi» sul Recovery. Tutto giusto. Non è rigore ma è prudenza. Che non tiene conto che la traiettoria della storia può invertirsi in pochi ore. La prima data sul calendario è il 30 giugno in Francia.

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