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Nomine Ue, von der Leyen verso il bis. Tusk e Scholz: maggioranza senza Meloni

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Potrebbe essere più breve del previsto la partita delle nomine Ue. Si respira aria di ottimismo a Bruxelles, dove per la prima volta dalle elezioni europee si sono riuniti i leader Ue per discutere delle nomine dei "top jobs". Lo scenario più semplice è il seguente: un bis alla Commissione europea di Ursula von der Leyen, candidata principale del Ppe, l’ex premier portoghese socialista Antonio Costa alla presidenza del Consiglio europeo e l’Alto rappresentante per la politica estera alla premier estone Kaja Kallas. A questi va aggiunta la presidenza del Parlamento europeo che però sarà decisa dall’Eurocamera nella plenaria di luglio. La prima pedina da sistemare è la presidenza della Commissione, da scegliere a maggioranza qualificata. Von der Leyen ha dalla sua 13 capi di Stato e di governo della famiglia popolare. La nomina deve passare per il voto - segreto - al Parlamento europeo. Partendo dalle forze che compongono l’attuale maggioranza - popolari, socialisti e liberali - c’è già una maggioranza di 406 voti, su 361 necessari. Il punto è se allargare la maggioranza a Fratelli d’Italia. L’orientamento generale per ora è ripartire dalla coalizione consolidata delle tre forze tradizionali. Lo dice chiaramente il cancelliere socialista Olaf Scholz, secondo cui «l’obiettivo è raggiungere rapidamente una soluzione costruttiva in Parlamento». «Quello che deve essere chiaro - ribadisce - è che il Parlamento non deve sostenere una presidenza della Commissione che si basa su partiti di destra e populisti di destra. C’è una maggioranza stabile delle piattaforme politiche che finora hanno collaborato a stretto contatto in Parlamento». Anche il premier polacco, del Ppe, Donald Tusk «c’è» una maggioranza nel Parlamento composta dai partiti orientati al centro, come i socialdemocratici, il Ppe, i liberali. Penso che sia più che sufficiente per organizzare l’intero nuovo panorama, inclusa l’elezione del Presidente della Commissione".

Per il ministro Antonio Tajani, vicepresidente del Ppe, "non si possono chiudere le porte ai Conservatori perché una realtà così variegata come il Parlamento europeo non può chiudersi in una maggioranza a tre, bisogna mantenere il dialogo". A differenza di cinque anni fa, questa volta ci sono anche i Verdi che vorrebbero entrare in maggioranza. Un’ipotesi caldeggiata dai socialisti ma non da una larga fetta del Ppe. "Non possiamo fare concessioni ai Verdi perché abbiamo bisogno di una politica europea nella lotta contro il cambiamento climatico che non sia una politica fondamentalista ma che sia una politica pragmatica", rimarca Tajani. Il titolare della Farnesina auspica per l’Italia "un vicepresidente e un portafoglio di grande importanza". Né i socialisti di S&D, né i liberali di Renew Europe vogliono però negoziare con il partito di Giorgia Meloni. A maggior ragione ora che la premier italiana e il suo partito sono nell’occhio del ciclone per l’inchiesta sulla gioventù di Fratelli d’Italia con saluti romani e gladiatorii e per l’indiscrezione su un possibile ritardo della pubblicazione del Rapporto sullo Stato di diritto, prevista a inizio luglio, da parte della Commissione europea per non dar fastidio all’Italia e compromettere un sostegno a un bis di von der Leyen. "La visione della Commissione e della presidente sul simbolismo fascista è molto chiara. Non crediamo che sia appropriato. Lo condanniamo. Pensiamo che sia moralmente sbagliato - commenta il portavoce capo dell’Esecutivo Ue - Siamo molto chiari su questo".

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