non cambia idea

Guerra in Ucraina, l’Italia non cambia idea sul “no” agli attacchi di Kiev. Ma è in minoranza

Pietro De Leo

L’Italia tiene il punto sul no all’utilizzo delle armi consegnate all’Ucraina per colpire obiettivi sul suolo russo. La linea favorevole si va allargando, ieri è stata la volta della Germania, e la decisione italiana (in un «lato» che comprende al momento anche Spagna, Belgio, Ungheria, Slovacchia, Turchia) tiene ovviamente banco negli ultimi giorni di campagna elettorale per le Europee. Ieri, a margine della ministeriale informale Nato, il titolare degli Esteri Antonio Tajani ha osservato: «Ho ribadito grande sostegno» a Kiev, «ma non si possono utilizzare le nostre armi al di là dei confini del territorio ucraino. Naturalmente ho confermato che non invieremo militari italiani in Ucraina a combattere contro i russi, perché non siamo in guerra con la Russia, la Nato non è in guerra con la Russia». Al di là di questo, però, l’impegno in favore dell’Ucraina non verrà meno. «Abbiamo già inviato dei Sampt/T ed è possibile inviarne altri», per quanto sempre circoscritte al territorio ucraino. In linea generale, Tajani nel suo ragionamento ha fatto riferimento anche alle osservazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto, «che ha la stessa mia posizione». L’aggancio, infatti, è sul dettato dell’articolo 11 della Costituzione.

 

  

 

A questo proposito, infatti, Crosetto aveva affermato: «La posizione dell’Italia è chiara. Io penso che la Costituzione ci dica, all’articolo 11, due cose precise, che l’Italia ripudia la guerra e che partecipiamo alle alleanze storiche in cui crediamo. Noi forniamo aiuti, anche militari, a una nazione aggredita per difendersi e riconquistare la sua sovranità violata. La Costituzione, le leggi e la nostra postura internazionale non consentono, a mio avviso, di fare altro». Tutto ciò «lo diremo ai nostri alleati in modo franco, leale, sereno, senza alzare i toni». La linea è pienamente condivisa dal ministro delle Infrastrutture e leader della Lega Matteo Salvini, che si è sempre pronunciato in contrapposizione sia all’idea dei «boots on ground» di Macron, sia alla proposta di ampliare l’utilizzo delle armi espressa dal Segretario Nato Stoltenberg. «Noi non vogliamo la guerra contro la Russia - ha detto -, noi non vogliamo che vengano usate armi italiane, europee o occidentali per bombardare o uccidere in Russia, perché rischia di scoppiare un disastro senza precedenti. Questo oggi è il pericolo: la guerra». L’argomento, inoltre, fende anche le opposizioni. Creando una spaccatura nel Pd. La segretaria Elly Schlein, si schiera sul no, prendendo le distanze dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, anch’egli appartenente alla famiglia socialdemocratica. «Non sempre bisogna essere d'accordo, come non lo siamo stati con Macron quando ha parlato di invio di truppe. Noi siamo per il sostegno all'Ucraina, ma attenzione ad evitare in ogni modo una escalation che sarebbe devastante e attenzione alle mosse che si fanno».

 

 

Posizione su cui trova logicamente allineato Marco Tarquinio, il giornalista candidato alle Europee che qualche giorno fa ha conquistato i titoli dei giornali per via del suo auspicio di scioglimento della Nato. «L'Italia ad ora fa bene a dire no», osserva. E aggiunge: «Sono contrario ad inviare armi in qualsiasi conflitto aperto, come vogliono i valori della nostra Repubblica. Valori che però bypassiamo regolarmente». Invece su tutt’altra linea si colloca il senatore Filippo Sensi: «Che il governo italiano non conceda l’uso delle nostre armi all’Ucraina è una sciagurata vergogna. Che si scomodi la Costituzione per questa viltà è peggio, una falsità. Se hanno deciso di stare dalla parte di Putin lo dicano senza ipocrisie». Chi invece pare ignorare del tutto la scelta del governo italiano è il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Parlando a Coffee Break, il talk su La 7 condotto da Andrea Pancani, ha accusato: «Stanno certificando che l'Ucraina, con le nostre armi, potrà colpire obiettivi militari russi. Mi dica - dice rivolto al conduttore - se non è la terza guerra mondiale. Abbiamo una presidente del Consiglio che ha scommesso sulla vittoria militare sulla Russia, è responsabile con 6mila testate atomiche che sono in Russia?». Peccato che, però, la linea del governo sia ben diversa.