Slovacchia, chi è Juraj Cintula: filo-Ucraina e anti comunisti, l'identikit del lupo solitario
Filo-ucraino, anti-Rom, anticomunista ma con un passato nelle milizie filorusse. È il ritratto di Juraj Cintula, l’uomo che ha attentato alla vita del premier slovacco Rober Fico. 71 anni, ex guardia giurata, tre libri pubblicati e membro di un circolo letterario della sua città chiamato “Dùha”, Arcobaleno, perché inclusivo, aperto e pacifista. È l’identikit di colui che da fonti governative è stato definito un “lupo solitario”, “radicalizzato” all’indomani della vittoria alle elezioni di Peter Pellegrini, neoeletto presidente della Repubblica slovacca e alleato di Fico. A ricostruire il passato e il presente di Jurai, Fabio Tonacci, inviato de La Repubblica, che è andato nella periferia di Levice – luogo in cui l’aspirante killer vive – a sentire chi ha vissuto fianco a fianco con l’uomo. Quello che ne esce fuori è il ritratto dell’uomo qualunque, dell’aspirante killer al di fuori di ogni sospetto. Nessun precedente, nessuna segnalazione dall’intelligence, nessun contatto con personaggi potenzialmente sospetti. Un mistero.
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Aveva anche fondato un’associazione pacifista e il ripudio della guerra era – all’apparenza – alla base del suo pensiero e del suo attivismo. Lo è stato fino al giorno dell’attentato, quando ha sparato 5 colpi di pistola contro Fico, dopo aver eluso i controlli di sicurezza. Cintula ha agito da solo ma adesso tutti si chiedono se non abbia fatto la sua mossa perché spinto da altri. E i controlli sul suo recente passato si stanno facendo sempre più serrati. Al setaccio i contatti telefonici, così come i social dell’uomo e i suoi ultimi incontri. Il sospetto è che sia stato avvicinato da qualcuno, slovacco o straniero, che lo ha convinto ad agire. E pare che il pensionato, che rischia dai 25 anni all’ergastolo, stia collaborando attivamente alle indagini. Tant’è che qualcosa sul suo passato è già saltato fuori: nel 2016 ad esempio ha partecipato ad alcune manifestazioni organizzate da un’organizzazione paramilitare slovacca, Slovenski Branci. Un gruppo di estremisti filo-russi fortemente anti europeisti che reclutavano, in uniforme, giovani in tutto il paese per “proteggere” la Slovacchia dai migranti e dall’Europa troppo “invasiva”. Simpatie testimoniate anche dalle poesie scritte dall’attentatore anti migranti e anti sistema.
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Elementi che cozzano con il suo presente da pacifista pro-Ucraina e antirusso e da sostenitore della sinistra slovacca e del partito di opposizione, Slovacchia progressista. Un giallo nel giallo. E chi gli viveva a fianco oggi non si dà una spiegazione per l’atto violento di Cintula. A parlare è il figlio dell’uomo: “Sono sotto shock, non avevo la minima idea di cosa mio padre stesse pianificando né perché lo abbia fatto. Non ha votato per Fico, questo è certo, non aggiungo altro”. E sulle ragioni che hanno spinto Cintula a questo gesto, spiega: “Forse ha avuto un corto-circuito. È un uomo forte, ma non un violento. Era un poeta”. Il mistero dell’uomo qualunque.