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Israele, lo strappo dell'Onu: sì alla Palestina e l'Italia si astiene

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Andrea Riccardi
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Le truppe israeliane sono avanzate lungo la strada principale che separa a metà la città di Rafah, nell’estremo sud della Striscia di Gaza. La parte est è stata così completamente circondata dai carri armati israeliani che aspettano ora nuovi ordini sul se e come avanzare. Il gabinetto di sicurezza israeliano ha votato per approvare l’espansione delle operazioni militari nella città al confine con l’Egitto, ma due fonti che hanno parlato ad Axios precisano che l’espansione sarà limitata per non far innervosire gli Stati Uniti che più volte si sono detti contrari a un’azione militare a Rafah. Anche il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha ribadito la sua ferma opposizione: «Un massiccio attacco di terra a Rafah porterebbe a un disastro umanitario epico». I civili palestinesi, che in questi mesi di guerra si sono radunati in massa nella città seguendo le indicazioni dello stesso esercito israeliano, sono ora in fuga, temendo un imminente assalto. L’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), ha stimato che circa 110mila persone se ne sono già andate.

 

Intanto l’Assemblea generale dell’Onu ha votato ad ampia maggioranza per il riconoscimento della Palestina come Stato membro a pieno titolo e ha raccomandato al Consiglio di sicurezza di riconsiderare la questione. I voti favorevoli sono stati 143, nove i contrari, tra cui gli Stati Uniti e Israele, e 25 gli astenuti, tra cui l’Italia.

Immediata la reazione di Tel Aviv. «La decisione di migliorare lo status dei palestinesi nelle Nazioni Unite è una ricompensa per i terroristi di Hamas», è stata l’accusa lanciata dal ministro degli Esteri, Israel Katz. «State facendo a pezzi con le vostre mani la Carta dell’Onu», il monito del rappresentante di Tel Aviv, Gilad Erdan che ha mesos il documento in un tritacarne sostenendo «questo è un giorno che sarà ricordato nell’infamia». Il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha detto che l’approvazione della risoluzione dimostra che «il mondo è a favore dei diritti e della libertà del popolo palestinese e contro l’occupazione israeliana».

Oltre all’Italia si sono astenuti Albania, Bulgaria, Austria, Canada, Croazia, Fiji, Finlandia, Georgia, Germania, Lettonia, Lituania, Marshall Island, Olanda, North Macedonia, Moldavia, Paraguay, Romania, Vanuatu, Malawi, principato di Monaco, Ucraina, Gran Bretagna, Svezia e Svizzera. Mentre i nove Paesi che hanno votato contro sono Usa, Israele, Palau, Nauru, Micronesia, Papua Nuova Guinea, Ungheria, Argentina e Repubblica Ceca.

L’ambasciatore Maurizio Massari, nel suo intervento in cui ha spiegato la posizione della missione italiana, ha ribadito come l’Italia sia un «fermo sostenitore del principio "due popoli, due Stati" e condivide l’obiettivo di una pace duratura che possa essere raggiunta solo sulla base di una soluzione di due Stati con Israele e Palestina a vivere fianco a fianco in pace e sicurezza». «Noi - ha sottolineato - crediamo che questo obiettivo debba essere raggiunto attraverso diretti negoziati tra le parti». È la stessa posizione spiegata dagli Stati Uniti, che hanno definito la risoluzione una «misura unilaterale che non porta all’obiettivo».

Sul piano dei negoziati intanto, Hamas ha fatto sapere di star rivedendo al sua strategia dopo il rifiuto di Israele alla sua controproposta. L’Egitto, tra i principali mediatori, ha chiesto alle parti flessibilità se vogliono arrivare a un cessate il fuoco e al rilascio degli ostaggi. A Gerusalemme est, nel frattempo, l’Unrwa ha deciso di chiudere la propria sede dopo quanto accaduto giovedì sera, quando un gruppo di israeliani ha appiccato il fuoco per due volte attorno all’edificio. Secondo il Commissario generale dell’agenzia Onu, Philippe Lazzarini, l’incendio «ha causato ingenti danni alle aree esterne».

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