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Macron e quello schiaffo alla Nato. Putin parla di rischio escalation

Leonardo Tricarico
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Tra le buone maniere saltate, domina in questi giorni quella di consultare gli alleati prima di esprimersi su questioni delicate e rischiose, come può essere ad esempio una guerra. Il presidente francese Macron è il portabandiera di questo scellerato nuovo trend, senza pensarci un attimo torna sull’argomento dell’invio di soldati francesi a rinforzo dell’esercito ucraino; il contro canto lo intona il ministro degli Esteri britannico sbandierando l’auspicio dell’utilizzo dell’armamento fornito a Zelenski anche al di fuori dei confini ed in profondità in territorio russo. Una volta simili argomenti erano pane quotidiano per i denti degli sherpa; sulle ipotesi date così improvvidamente ai media ci sarebbe stato un lavorio frenetico, un riscontro a geometrie incrociate presso le cancellerie amiche o comunque interessate alle singole questioni e poi il tutto sarebbe stato formalizzato nelle sedi proprie. Questo dicono le regole di un corretto ed elementare galateo istituzionale e diplomatico. Ciò che invece oggi è sotto gli occhi di tutti è l’ostentazione bizzarra, maldestra, maleducata e pericolosa. Per tutti.

 

 

E dire che gli organismi di consultazione e confronto si sono addirittura moltiplicati, alcuni, anche se impropri, sono a portata di mano, come il G7, il G20 o il Consiglio dei Capi di Stato e governo europei; altri sodalizi invece, quelli più pertinenti, sono stati accantonati per far posto appunto ad un ricorrente quanto scellerato outing coni media. Più in particolare non è superfluo richiamare che la sede più adatta per mettere a punto una linea condivisa rispetto al conflitto russo ucraino è la Nato, è quello che il Trattato prevede all’Art 4: «Gli Stati membri si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di uno di essi, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica ola sicurezza di una delle parti possano essere minacciate». Nel merito poi la sortita di Macron è insensata anche dal punto di vista tecnico, un vero e proprio provvedimento autolesionista. Chiunque volesse oggi entrare nel conflitto in corso, dovrebbe ridisegnare da cima a fondo la dottrina di impiego delle forze, tirare una linea e ricominciare daccapo secondo i meccanismi e le procedure che noi tutti, francesi inclusi, ben conosciamo ed esercitiamo da decenni. E che nei conflitti armati hanno dato buona prova di sé. Mettere uomini addizionali sul terreno oggi senza cambiare spartito significherebbe associarli al funesto destino dei russi e degli ucraini.

 

 

Per quanto riguarda invece le dichiarazioni di Cameron, le stesse sono certamente più comprensibili e condivisibili pur se ingiustificate perla maniera in cui sono state prospettate. Se messe in pratica, farebbero venir meno lo stravagante assunto in base al quale un paese invaso, ridotto in macerie, oltraggiato da barbarie, deportazioni ed ogni genere di nefandezza si debba limitare a respingere l’invasore senza poter nemmeno intervenire sulla sostenibilità del suo operare colpendo le linee di rifornimento o obiettivi militari significativi. L’auspicio è in definitiva che le voci fuori dal coro di Francia e Gran Bretagna possano essere occasione per un chiarimento generale nelle giuste sedi, un chiarimento che possa da un lato aggiornare - ed è oltremodo opportuno- la linea di condotta per il supporto all’Ucraina e dall’altro verificare le condizioni per mettere finalmente appunto una piattaforma negoziale in cui coinvolgere la Russia ed altri paesi aventi causa.

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