botta e risposta
Caso Salis, il governo di Budapest contro il padre di Ilaria: "Non è un'eroina"
Un caso che sta creando tensioni interne, tra destra e sinistra e a livello continentale, con un Paese, da sempre, amico dell'Italia. Una visione della questione completamente ribaltata. Una serie di affermazioni che, certamente, faranno discutere. “Ilaria Salis non è un'eroina. Lei e i suoi compagni sono venuti in Ungheria e hanno commesso aggressioni barbare e premeditate contro cittadini ungheresi: questi sono i fatti". Così, sul social X, il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs. “Tutto ciò che va oltre – riporta l'agenzia di stampa AdnKronos - è una mera invenzione politica e noi difenderemo la reputazione e l'integrità della nostra magistratura, non importa quanto forte la sinistra gridi al lupo”.
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Il ministro è poi andato avanti. “Nei giorni e nelle settimane scorsi il padre di Ilaria Salis ha parlato con tutta la stampa europea occidentale e con alcuni media statunitensi. È stato invitato al Parlamento europeo e ha ripetutamente espresso gravi accuse infondate che non possono essere lasciate senza risposta. Va aggiunto che lui stesso ha trasformato il caso della propria figlia in una questione politica e ora si mostra sorpreso che a queste accuse vengano date risposte politiche”, le parole di Kovacs. “Come padre forse farebbe bene a riflettere su come sua figlia sia rimasta coinvolta in un episodio del genere”, ha proseguito, ricordando come Ilaria Salis fosse stata “coinvolta in passato in incidenti simili”, aggiungendo che il reato di cui è accusata “è estremamente grave e comporta condanne altrettanto severe secondo l'ordinamento giuridico ungherese". Nel frattempo, finti manifesti elettorali per le europee Pd raffiguranti Ilaria Salis, l'insegnante italiana detenuta in Ungheria, sono stati affissi la scorsa notte davanti alle sedi del Partito democratico a Torino e in altre zone della città. L'azione è stata rivendicata dal movimento di destra La Barriera, che ha affisso anche manifesti raffiguranti il volto tumefatto di una delle presunte vittime dei pestaggi a cui è accusata di avere partecipato l'attivista antifascista italiana.