politica europea
Il Ppe lancia von der Leyen per il bis: "Mai con partiti anti-Ue"
Ursula von der Leyen sarà la candidata del Ppe per la presidenza della Commissione europea. Sono scaduti i termini per la presentazione delle candidature e la famiglia dei popolari ha dato il suo appoggio alla leader tedesca per un secondo mandato. L’investitura ufficiale avverrà solo al congresso di Bucarest del 6 e 7 marzo ma ormai è fatta. È già in campagna elettorale la presidente uscente, che ci tiene a ribadire come la sua corsa dovrà essere ben separata dall’azione di governo dell’Esecutivo Ue. Il presidente della Commissione è eletto dal Parlamento europeo su proposta del Consiglio europeo (ovvero dei capi di Stato o di governo dell’Ue), tenendo conto dei risultati delle elezioni. Cinque anni fa von der Leyen, all’epoca solo una ex ministra della Difesa Ue, fu tirata fuori dal cappello dai leader Ue, con un’intuizione di Emmanuel Macron, senza passare per il metodo (non previsto dai Trattati ma usato nel 2014) dello spitzenkandidat, ovvero del capolista del gruppo politico vincitore, che allora era Manfred Weber. La sua elezione - a scrutinio segreto - passò per soli 9 voti e la pattuglia del M5S fu determinante. Oggi von der Leyen sa di doversi conquistare i voti del nuovo Parlamento, visti i sondaggi al ribasso per i liberali di Renew e qualche seggio perso da Ppe e socialisti. Si alleerà con le destre o chiederà soccorso ai Verdi? «Collaborare con chi è contro lo Stato di diritto è impossibile, con gli amici di Putin è impossibile», ha affermato la politica tedesca.
«Per me è importante lavorare con gruppi pro-europei, pro Nato, pro-ucraini, chiaramente sostenitori dei nostri valori democratici. Quindi la domanda più importante è: qual è il contenuto?», spiega von der Leyen. Quindi no al gruppo Identità e democrazia, dove siedono la Lega e Rassemblement National di Le Pen e l’Afd tedesca e il Pvv olandese di Geert Wilders, già attaccati da von der Leyen lunedì scorso. Diverso è il caso di Ecr, di cui Fratelli d’Italia diventerà il primo partito da giugno. «Ogni elezione europea comporta un cambiamento nella composizione dei diversi partiti politici e dei diversi gruppi politici. Ci deve essere un posizionamento molto chiaro dei politici e non sappiamo chi aderirà ad Ecr dopo le elezioni, chi lascerà Ecr o chi potrebbe entrare nel Ppe, anche questo è possibile - sottolinea von der Leyen -. Ma la linea di demarcazione è: sei a favore della democrazia? Difendi i nostri valori? Siete molto fermi nello Stato di diritto? Sostenete l’Ucraina? Combattete contro il tentativo di Putin di indebolire e dividere l’Europa? E queste risposte devono essere molto chiare». Anche Weber parla di movimenti in corso nel gruppo dei conservatori. Nel campo di Ecr, evidenzia, «ci sono molti problemi, ci sono amici di Putin e ci sono quelli che hanno giurato contro Putin, non c’è una comprensione comune su cosa fare. Quello che posso già vedere è lo sviluppo di una lotta interna piuttosto interessante». E lo si è visto quando Viktor Orban ha detto che voleva unirsi all’Ecr dopo le elezioni: «subito la delegazione ceca dell’Ecr ha dichiarato pubblicamente che non voleva stare nello stesso campo di Orban, e così il partito populista svedese e quello finlandese», ha affermato il presidente dei popolari. Sul Green Deal il Ppe afferma di non voler fare passi indietro, nonostante l’attenzione agli effetti sociali. «Siamo orgogliosi di ciò che facciamo con il Green Deal, noi siamo il partito del Green Deal. Le proposte di Ursula von der Leyen sono le nostre e lo facciamo nell’interesse delle generazioni future», ha sottolineato Weber. Nella lista nera dei popolari c’è certamente il premier ungherese. Viktor Orban «è il problema, è in un certo qual modo la voce di Putin all’interno dell’Ue» e l’appello è a superare il diritto di veto. Almeno sulle sanzioni questa volta l’Ungheria non ha tenuto in scacco l’Ue a lungo. Stamane gli ambasciatori dei 27 hanno trovato l’accordo sul 13esimo pacchetto di misure contro la Russia, che sarà approvato in tempo per l’anniversario dell’invasione russa del 24. Nell’elen co dei sanzionati vengono inserite quasi 200 tra persone e aziende, tra cui quelle di paesi terzi accusate di elusione, portando il totale a oltre 2000. Vengono anche prese di mira le reti di approvvigionamento di componenti di droni che finiscono nel complesso militare russo.