Escalation
Mar Rosso, traffici energetici a rischio. Pressione sui prezzi del diesel
In Europa, a quasi due anni dall’invasione russa in Ucraina, la stabilità dei prezzi del diesel e delle forniture di gas è messa nuovamente alla prova. Da metà novembre, infatti, i ribelli sciiti yemeniti Houthi, sostenuti dall’Iran, stanno attaccando le navi che transitano nel Mar Rosso. Molte di queste trasportano gas e petrolio, ma anche merci come ceramica, vetro e carta. E tra i Paesi che potrebbero subire il riverbero dei problemi legati all’attraversamento di questa rotta marittima c’è anche l’Italia. A essere colpiti dall’escalation «sono tutti i Paesi europei» ma «certamente quelli mediterranei sono maggiormente affetti dalle conseguenze per i molti traffici energetici», spiega il ricercatore della società «Ricerche Industriali ed Energetiche» (Rie), Francesco Sassi, interpellato da «Agenzia Nova». Anche se parlare di una crisi energetica in Europa dettata da ciò che sta avvenendo nel Mar Rosso «mi pare un’esagerazione - prosegue - quel che mi sembra rilevante sottolineare è che la crisi che ha colpito l’Ue dal Covid in poi, e che ha avuto il suo picco massimo con il taglio delle forniture russe di gas, è in realtà tuttora in corso».
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Nel frattempo, prima dell’escalation militare il Canale di Suez era attraversato da circa 70 navi al giorno. Oggi quel numero si è dimezzato. Evitare il tratto, per chi transita dall’Europa verso il Medio Oriente, significa rotte più lunghe e costose. E la pressione sui prezzi, che sta già facendo crescere il valore del diesel, potrebbe innescare una catena di rincari visto che il carburante alimenta camion, alcune tipologie di treni, macchine agricole, industrie e anche una buona parte delle centrali elettriche. «A oggi le conseguenze per l’Italia sono modeste - aggiunge Sassi - con qualche difficoltà a rimpiazzare i volumi di gas che sinora dal Qatar sono giunti, attraverso il Mar Rosso, nei nostri terminal e in particolare in quello di Adriatic Lng» ma «molto dipenderà dalla durata delle interruzioni dei traffici imposte dai ribelli Houthi». Se dovessero protrarsi, infatti, «a risentirne maggiormente saranno soprattutto i settori della ceramica, vetro, carta, fonderie e trasporti» che «purtroppo sono quelli che già hanno subito un impatto molto forte dal 2022 in poi», sottolinea. Ma tra i comparti più colpiti ci sono anche la moda - un terzo delle importazioni passa dal Mar Rosso - e l’agroalimentare, che esporta attraverso il Canale di Suez merci per 5,5 miliardi.