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Moody’s, “non andate in ufficio”. Ansia per i dipendenti in Cina: il motivo
Moody’s Investors Service ha consigliato al personale in Cina di non andare in ufficio e lavorare da casa questa settimana, dopo che l’agenzia di rating ha abbassato l’outlook da stabile a negativo, pur mantenendo il rating a lungo termine di A1 sui titoli sovrani cinesi. L’agenzia ha citato persistenti preoccupazioni sulla crescita a medio termine e il continuo ridimensionamento del settore immobiliare che rimarrà più debole rispetto all’economia complessiva. Alcuni dipendenti delle agenzie di rating statunitensi a Pechino e Shanghai hanno riferito al Financial Times che la mossa arriva sulla scia dei timori di una possibile reazione da parte di Pechino.
La decisione di Moody’s evidenzia il disagio di molte società straniere che fanno affari nella seconda economia più grande al mondo, in cui alcune hanno subito raid della polizia, sono state obbligate a tenere a casa i dipendenti e hanno subìto arresti dopo l’acuirsi delle tensioni tra Cina e Stati Uniti. Secondo le fonti, alcuni capi dipartimento di Moody’s nel Paese avrebbero detto ai collaboratori che il personale non amministrativo di Pechino e Shanghai non sarebbe dovuto andare in ufficio questa settimana. «Non ci hanno dato la ragione... ma tutti sanno perché», ha riferito un dipendente di Moody’s con sede in Cina al FT riferendosi alla richiesta di lavorare da casa. «Abbiamo paura delle ispezioni governative», ha spiegato.
I membri dello staff hanno poi riferito che Moody’s ha anche consigliato agli analisti di Hong Kong di evitare temporaneamente i viaggi nella Cina continentale. E hanno suggerito che lavorare da casa potrebbe impedire alle autorità cinesi di interrogare i dipendenti qualora decidessero di fare irruzione nell’agenzia, anche se l’ipotesi è ritenuta al momento improbabile. Un portavoce di Moody’s si è espresso sul caso: «Il nostro impegno a mantenere la riservatezza e l’integrità del processo di rating è fondamentale e, pertanto, non possiamo commentare eventuali discussioni interne relative a specifici rating del credito o emittenti».