Israele, il dramma dei reduci del rave. "Miliziani di Hamas arresi a Gaza"
A due mesi dall'attacco di Hamas i sopravvissuti a uno dei massacri perpetrati dai miliziani palestinesi il 7 ottobre, quello del festival 'Nova' vicino al Kibbutz di Be'eri, continuano a portare nella loro mente i segni della tragedia vissuta. Un trauma difficile da superare per "alcuni" reduci che hanno deciso di togliersi la vita, secondo un reportage condotto dalla Bbc citando un membro dell'equipe medica chiamata ad assistere i superstiti della strage. Molti dei quali affrontano ora problemi di natura psicologica: in 18, ha spiegato il capo della polizia israeliana Yaacov Shabtai, sono ricoverati "in ospedali che si occupano di salute mentale".
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Intanto la risposta di Tel Aviv all'attacco del 7 ottobre continua a mietere vittime nella Striscia di Gaza. Dopo la fine della tregua l'Idf ha ripreso l'operazione di terra, affiancata da un continuo martellamento aereo, portando il bilancio dei morti nell'enclave a superare le 17mila unità, secondo il locale ministero della Sanità. "I pesanti bombardamenti e la ripresa delle operazioni militari hanno reso la situazione a Gaza disperata", ha spiegato l'Unrwa, "le condizioni necessarie per consegnare gli aiuti non esistono". Per il sottosegretario generale dell'Onu per gli Affari umanitari, Martin Griffiths, è impossibile parlare di "operazione umanitaria" nel sud della Striscia, a causa dei raid incessanti nella zona Rafah. Griffiths ha comunque parlato di "progressi" nei colloqui per l'apertura di Kerem Shalom, il principale valico merci verso l'enclave che può consentire un maggior accesso di camion umanitari. Israele, tramite un alto funzionario, ha annunciato che il passaggio, chiuso dall'inizio della guerra, potrebbe essere riaperto nei prossimi giorni. Ma il Cogat, l'organismo militare responsabile degli affari civili nei territori palestinesi, ha sottolineato che anche con l'apertura di Kerem Shalom gli aiuti continuerebbero ad arrivare sempre attraverso l'Egitto, passando per il valico di Rafah. Il reale destino dei rifornimenti destinati ai civili continua, però, a sollevare preoccupazioni. "Gli aiuti vanno a finire sottoterra" nei tunnel di Hamas, "non arrivano alla nazione e all'intera popolazione" ha dichiarato un'anziana residente di Gaza.
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. Le operazioni israeliane, intanto, proseguono in tutta la Striscia. L'Idf afferma che sta continuando ad avanzare a Khan Younis, nel sud dell'enclave e ha poi denunciato il lancio di 12 razzi, da parte di Hamas, da zone dove si trovano "tende dei civili di Gaza evacuati a Rafah, nel sud di Gaza, e da vicino alle strutture delle Nazioni Unite". Nel nord della Striscia, invece, decine di uomini di Hamas si sarebbero arresi all'Idf. Lo testimonierebbero alcune foto nelle quali si vedono diversi miliziani nudi e costretti a restare accanto ai soldati di Tel Aviv. Israele continua a pagare l'operazione con le perdite tra i suoi soldati; fra le ultime vittime anche Gal Meir Eisenkot, figlio di Gadi Eisenkot, membro del gabinetto di guerra. II tutto mentre restano vivi i rischi di un allargamento del conflitto. Nel lancio di un razzo anticarro dal Libano è morto un civile israeliano e il premier Benjamin Netanyahu ha minacciato: "Se Hezbollah commette un errore, trasformerà Beirut e il Libano meridionale in Gaza e Khan Yunis". Il ministro iraniano degli Esteri, Hossein Amirabdollahian, a parte sua ha previsto "prossimi giorni terribili per il regime israeliano". Della crisi hanno discusso il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, e quello russo, Vladimir Putin, durante il loro incontro a Mosca. Raisi ha sottolineato la necessità di fermare rapidamente i raid israeliani sulla Striscia. "Non è solo una questione regionale, è una questione che riguarda l'intera umanità", ha osservato.