Medio Oriente, si lavora alla proroga della tregua. Possibile stallo per il baby ostaggio Kfir
Si avvicina la scadenza della tregua tra Hamas e Israele ma i mediatori, guidati da Egitto e Qatar, sono al lavoro per arrivare a una nuova estensione che consenta la liberazione di altri ostaggi e il continuo accesso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Doha è sicura di una buona riuscita dell'operazione, ha fatto capire il portavoce del ministero degli Esteri Majed Al-Ansari dicendosi "molto ottimista" sul fatto "che avremo buone notizie da condividere oggi". A favore di una proroga continuano a spendersi i principali attori internazionali. Dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che ha chiesto "un vero cessate il fuoco umanitario", sino a Papa Francesco, il quale ha auspicato "che prosegua la tregua in corso a Gaza". Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, da parte sua ha assicurato: "Ci concentreremo sul fare ciò che possiamo per prolungare la tregua". Per Israele la precondizione resta quella di ottenere il rilascio di altri ostaggi, anche se il cessate il fuoco (per Tel Aviv) non potrà durare in eterno.
"Che succede alla fine della tregua". Netanyahu lancia la sfida
"Finché avremo le liste dei nostri rapiti, allora andremo avanti per un periodo massimo di 10 giorni", ha affermato un funzionario israeliano mentre Hamas si era detta favorevole a un'estensione di quattro giorni. Tel Aviv avrebbe anche chiesto che nelle prossime liste di persone da liberare siano compresi anche uomini, oltre alle donne e ai bambini. I miliziani hanno, intanto, provveduto a liberare due russi sequestrati negli attacchi del 7 ottobre. Un rilascio 'extra' rispetto a quello concordato con Israele per oggi che, secondo il funzionario politico del gruppo Mousa Abu Marzook, rappresenta "un omaggio al presidente russo Vladimir Putin". I due russi si aggiungono ai 10 israeliani che, stando al Jerusalem post, sarebbero già stati consegnati alla Croce Rossa per fare ritorno nello Stato ebraico. L'andamento dei negoziati, tuttavia, potrebbe essere rallentato dalla notizia, diffusa dalle brigate Al Qassam, della morte del piccolo Kfir Bibas, il più giovane degli ostaggi nelle mani dei miliziani palestinesi. Il bimbo, ha sostenuto Hamas, sarebbe rimasto ucciso con il fratello Ariel di 4 anni e la madre Shiri durante i raid di Tel Aviv.
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Affermazioni che la cui fondatezza l'esercito israeliano sta verificando, ribadendo che è Hamas a essere "interamente responsabile della sicurezza degli ostaggi". Tra le persone liberate negli scorsi giorni c'è l'anziana Yocheved Lifshitz, 85 anni, che ha raccontato di aver visto, durante la prigionia, il leader di Hamas, Yahya Sinwar, e di avergli chiesto "come faceva a non vergognarsi". Sui negoziati il tempo corre, il ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant, ha avvertito: "Le nostre forze in cielo, in mare e a terra sono pronte a una ripresa immediata dei combattimenti". Mentre il premier, Benjamin Netanyahu, ha ricordato che l'obiettivo della campagna militare è eliminare Hamas in modo che non sia "mai più una minaccia per Israele". Mentre Gaza attende di conoscere quale sarà il suo destino, le operazioni israeliane proseguono in Cisgiordania. Un raid si è svolto a Jenin con il ministero palestinese della sanità che ha denunciato l'uccisione di due minori, di 8 e 15 anni, da parte delle forze occupanti. Tel Aviv ha, invece, rivendicato l'eliminazione di due alti comandanti miliziani, tra cui Muhammad Zabeidi, leader delle brigate Jenin, responsabile (secondo Tel Aviv) di due sparatorie avvenute a maggio nelle quali è morto un civile e alcuni soldati sono rimasti feriti.