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Scambio ostaggi-prigionieri tra Israele e Hamas, quando verrà ripetuto

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L’accordo tra Israele e Hamas per la liberazione di 50 ostaggi detenuti a Gaza in cambio del rilascio di 150 prigionieri palestinesi sarà ripetuto alla fine di questo mese. Lo scrivono i media israeliani citando un funzionario palestinese. Il funzionario, che ha parlato a condizione di anonimato, ha detto che ciò significherebbe il rilascio totale di 100 delle circa 240 persone sequestrate da Hamas nell’attacco del 7 ottobre.

 

 

 

 

Intanto il conflitto in corso tra Israele e Hamas ha messo in risalto la debolezza dell’Iran, scivolato dal ruolo di principale sostenitore della lotta armata palestinese ad attore di secondo piano, ininfluente negli sviluppi delle ultime settimane. L’approccio retorico perseguito dall’ayatollah Ali Khamenei negli ultimi anni, fatto di minacce e dichiarazioni al vetriolo dal forte impatto ideologico, è stato arginato in pochi interventi e un silenzio pragmatico. Dopo più di un mese e mezzo dall’inizio del conflitto il ruolo di Teheran è stato quasi nullo. Allo stesso tempo l’Iran non ha avuto peso nell’accordo relativo lo scambio di ostaggi delle ultime ore. La possibilità di un attacco diretto a Israele, che Teheran non riconosce, non è mai stata concreta. L’opzione di un aggressione ’per procurà, per mano degli alleati Hezbollah libanesi si è scontrata con l’influenza nell’area della Turchia e dei Paesi arabi, che non vogliono un allargamento del conflitto. I gruppi armati dall’Iran in Siria sono stati messi fuori gioco dai razzi americani lanciati nelle ultime settimane. Tutti fattori che hanno limitato il raggio d’azione di Teheran, limitato ad affiancare Hamas non nel conflitto bensì verso una fine delle ostilità che ne garantisca almeno la sopravvivenza. Sembra chiusa l’epoca in cui la guerra per procura ha costituito il principale strumento di influenza di Teheran in Medio Oriente. Anche le accuse agli ayatollah, subito partite in seguito all’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre, si sono sgonfiate velocemente. Non sono infatti emerse prove di un diretto coinvolgimento di Teheran e Khamenei ha negato di essere a conoscenza del piano d’attacco.

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