destino della striscia

Gaza, frattura tra Israele e Usa sul destino della Striscia

Mentre comincia il secondo mese di guerra, Israele è arrivato nel cuore di Gaza. Ma intanto è scontro tra il governo Netanyahu, e il suo principale alleato, gli Usa, su quello che succederà a guerra finita. Al premier israeliano che ha parlato di controllo israeliano senza limiti di tempo su Gaza, ha risposto la Casa Bianca che ha detto che la terra è palestinese e rimarrà tale. Il governo israeliano ha poi precisato che non ci sarà una nuova occupazione dell’enclave: l’obiettivo è garantire che la Striscia diventi un’area smilitarizzata con le forze armate israeliane che potrebbero entrare di nuovo in caso di minacce terroristiche, ma senza governare l’enclave. Netanyahu intanto esclude qualsiasi cessate il fuoco o consegna di carburante fino a quando i 241 ostaggi non saranno rilasciati. Oggi però da Tokyo è arrivato il pressante appello del G7, che ha chiesto pause umanitarie e corridoi a Gaza, ovvero «un’azione urgente per affrontare il deterioramento della crisi umanitaria». 

 

  

 

Intanto le truppe israeliane sono arrivate «nel cuore di Gaza City». Tsahal, l’esercito con la ‘stella di David’, sta «stringendo il cappio», ha detto Yoav Gallant, ministro della Difesa, che ha anche ribadito l’appello ai civili palestinesi a trasferirsi nel Sud della Striscia di Gaza per la propria sicurezza (le evacuazioni sono in aumento e, secondo l’Onu, oltre 15mila persone hanno attraversato il fiume che separa il Nord dal Sud di Gaza negli ultimi quattro giorni). Dopo 10 giorni di cauta avanzata, sostenuta da intensi attacchi aerei, l’esercito, che ha preso Gaza City con un movimento a tenaglia, sta ora avanzando al suo interno. Nel Nord della Striscia, quella più colpita dai bombardamenti, rimangono nei rifugi circa 160mila sfollati e l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha detto che non riesce a raggiungerli con gli aiuti né ad avere informazioni sulla loro situazione. Mentre ha raggiunto il milione e mezzo il numero degli sfollati interni, dopo più di un mese senza acqua, cibo e assistenza sanitaria, la situazione a Gaza si stanno avvicinando al «punto di rottura», ha denunciato l’Onu. 

 

 

Chi paga il prezzo più alto sono i minori. Secondo un portavoce Oms, ogni giorno vengono uccisi nell’enclave 160 bambini. E Save the Children ha sostenuto che l’eccidio ha un ritmo senza precedenti: il numero di bambini uccisi in tre settimane di bombardamenti ha ormai superato il numero annuale di quelli uccisi in tutte zone di conflitto ogni anno dal 2019.