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Medio Oriente, “improvviso cambio di politica degli Usa”: le richieste ad Israele

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Gli Stati Uniti ‘cedono’ alle crescenti richieste internazionali per «pause umanitarie» dei raid su Gaza - sollecitate anche dall’Ue - e fanno pressione su Israele perché le accetti, permettendo l’ingresso degli aiuti, l’uscita degli stranieri e facilitando il rilascio degli ostaggi. Il Washington Post sottolinea «l’improvviso cambio di politica» dell’amministrazione Biden, che arriva mentre la situazione umanitaria nella Striscia è diventata sempre più disastrosa. Secondo il quotidiano americano, David Satterfield, inviato speciale del presidente Joe Biden per la situazione umanitaria a Gaza, è stato in Israele nei giorni scorsi per cercare di ottenere progressi sia per quanto riguarda gli aiuti che le partenze verso l’Egitto. Ma secondo funzionari statunitensi, delle Nazioni Unite, egiziani e israeliani non sarebbe stato in realtà fatto alcun progresso sostanziale. 

 

 

E negoziati sono in corso, sottolinea il Post, per capire cosa Israele vorrebbe ottenere in cambio della pausa. Hamas ha dichiarato di essere disposto a rilasciare tutti gli ostaggi non israeliani in cambio di un cessate il fuoco limitato, compresi i cittadini di 41 Paesi tra i circa 200 prigionieri, sebbene sia gli Stati Uniti che Israele abbiano perplessità in merito, e che prenderà in considerazione la liberazione degli ostaggi civili israeliani se verranno soddisfatte altre richieste, tra cui la liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi. Allo stesso tempo, nessuno, compresi almeno 400 cittadini americani e le loro famiglie, è potuto uscire da Gaza da quando il confine è stato chiuso poco dopo l’inizio della guerra. L’Egitto afferma che il suo lato del valico è aperto, ma che i palestinesi non possono attraversarlo perché Israele si rifiuta di fermare i suoi attacchi aerei. 

 

 

Una fonte a conoscenza della posizione di Israele nelle discussioni sulla situazione dei confini ha fato sapere che lo Stato ebraico «non ha alcun problema con le persone che lasciano la Striscia di Gaza per andare nel Sinai, il problema è quello che entra, non quello che esce». Piuttosto «è un problema egiziano, temono che se aprono Rafah» per far uscire gli stranieri, «centomila persone sfonderanno i cancelli». Continua anche una guerra di nervi sul Medio Oriente.

 

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