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Iran, bandiera nera sulla moschea più grande del mondo: il simbolo che spaventa tutti

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Luca De Lellis
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Di per sé non è ancora una dichiarazione d’intenti, ma tanto basta per far scattare i primi campanelli d’allarme in un orizzonte così tremendo come la guerra in Medio Oriente tra Israele e Hamas. Stiamo parlando della bandiera nera issata sulla moschea con la superficie più grande del mondo, l’Imām Reżā di Mashhad, in Iran, che ha destato grande preoccupazione soprattutto negli osservatori statunitensi. Infatti, negli ambienti nordamericani, hanno interpretato questo gesto voluto dal custode Astan Quds Razavi come il segnale di una plausibile intromissione di Teheran nel conflitto in corso. Questo perché lo stato iraniano sostiene non solo Hamas, ma anche altri gruppi fondati sull'ideologia anti-israeliana, dal movimento sciita Hezbollah in Libano alla Jihad islamica sunnita nella Striscia di Gaza e in Siria. La conferma era arrivata anche in una recente intervista concessa da un portavoce libanese di Hamas al Financial Times, nella quale esplicitava che gli obiettivi dell'"asse della resistenza" sono distruggere Israele e contrastare l'influenza americana in Medio Oriente.

 

 

Le crescenti angosce americane non corrispondono però alla realtà, almeno secondo le rassicurazioni giunte direttamente dal portavoce del Tempio, riportate sulle pagine social del Santuario. Il vessillo nero esposto sulla cupola sarebbe una replica “ai crimini barbari commessi dal regime usurpatore”, quello di Israele, in relazione alla strage dell’ospedale al Ahli di Gaza. Da quella parte del mondo le responsabilità sono attribuibili per intero al governo di Benjamin Netanyahu, anche se ancora ciò non è stato verificato. A ogni modo, sarebbe quindi un simbolo del lutto, e di vicinanza agli amici palestinesi morti nell’esplosione. Un intimorimento maggiore lo si sarebbe dovuto avere nel caso di esposizione della bandiera rossa, da quelle parti emblema di vendetta. Ma l’attenzione rimane alle stelle, un eventuale entrata dell’Iran risulterebbe deleteria, e allargherebbe ancor di più l’entità della guerra israelo-palestinese. 

 

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