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Conflitto in Medio Oriente, a Gerusalemme le basi della cultura occidentale

Cicisbeo
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La deportazione degli ebrei romani da parte dei nazifascisti, il 16 ottobre di ottant’anni fa, rappresenta una delle pagine più orribili della nostra storia, e deve restare impressa a lettere scarlatte nella memoria collettiva nel momento in cui purtroppo i germi dell’antisemitismo stanno trovando nuova linfa in tutta Europa. Il ricordo di quel rastrellamento che portò allo sterminio nei campi di concentramento è un dovere morale assoluto per rendere omaggio a chi perse la libertà e la vita. In questo giorno di memoria e di lutto chiunque abbia ancora in sé la forza della ragione dovrebbe stringersi intorno alla comunità ebraica, senza se e senza ma. Per questo, mentre dopo l’attacco a Israele da parte di Hamas antisemitismo e negazionismo stanno tornando a infestare le nostre società come un’inestirpabile gramigna, ritengo sia utile fare il ripasso di una storia che ignoranza e malafede ideologica stanno ignobilmente calpestando.

 

 

Questo è un tempo caratterizzato da sfide geopolitiche e da pericoli estremamente gravi: le guerre, la minaccia terroristica, l’instabilità dell’economia mondiale, le grandi migrazioni e l’integralismo islamico sono tutti fattori che hanno portato a declinare il concetto di pace in modo molto diverso rispetto al passato. La «Pace», in un simile contesto, non significa più solo rifiuto della guerra. Il vero senso della pace, o meglio, della cultura della pace è proprio la difesa attiva dei principi che reggono la civile convivenza tra i popoli. Dall’undici settembre in poi è stato chiaro che la sfida del terrorismo non è rivolta soltanto contro gli Stati Uniti e contro Israele, ma contro tutte le democrazie occidentali. Va scissa in modo netto la nozione di «pace» da un certo pacifismo, che ne rappresenta la declinazione strumentale a fini politico-ideologici. Storicamente, il pacifismo - italiano e non solo - è stato e resta infatti lo strumento politico di chi si oppone all'Occidente e intende disarmarlo di fronte ai suoi nemici, quali essi siano. Con Israele abbiamo una comunanza di civiltà e di destino, e oggi più di prima la sicurezza dello Stato ebraico nei suoi confini e il suo diritto di esistere sono per noi una scelta etica e un imperativo morale, un imperativo contro ogni ritorno dell’antisemitismo e del negazionismo e contro la perdita di memoria che purtroppo pervade una parte dell’Occidente, soprattutto nel Vecchio Continente che tende a rinnegare le sue radici in nome della dittatura del relativismo. Dobbiamo combattere con tutte le forze ogni possibile rigurgito di antisemitismo, e rilanciare la battaglia per l’esistenza e la sicurezza dello Stato d’Israele. Libertà e democrazia sono valori che ci accomunano e che derivano dalla nostra fede, dalla nostra cultura giudaico-cristiana, dalla nostra comune concezione dell’uomo e della storia.

 

 

Noi siamo uniti nella difesa della democrazia libera dal fanatismo e dall’uso della violenza strumentalizzata in nome di Dio. Israele è l’esempio forse più illuminante di un Paese democratico, occidentale, che ha il dovuto rispetto per le minoranze, per la legge, per il libero mercato e soprattutto che tramanda una cultura che ha consentito lo sviluppo della democrazia. È angosciante il fatto che nel ventunesimo secolo Israele resti nel mirino non solo del fondamentalismo islamico, ma anche di tante élites occidentali che tendono a delegittimare, se non a criminalizzare, uno Stato che incarna ideali universali e che rappresenta l'avamposto della cultura occidentale in una terra il Medio Oriente - in cui la democrazia non attecchisce. In questo drammatico momento storico, in cui regimi dispotici come quello siriano non hanno esitato a massacrare il loro stesso popolo, e in cui Hamas usa il suo come un immenso scudo umano, mi torna in mente ciò che il presidente Berlusconi disse parlando davanti alla Knesset: «I nemici di Israele sono nostri nemici, non vogliono colpire solo voi, vogliono colpire l’Occidente, la modernità, la democrazia, la libertà, l’emancipazione della donna».

 

 

Non dobbiamo mai dimenticare le tragiche lezioni che la storia recente ci ha lasciato in eredità. Primo: è terribilmente pericoloso sottovalutare le parole dei fanatici: dicono di volere quello che effettivamente vogliono. L’Iran parla come Hitler chiedendo di colpire gli ebrei in tutto il mondo, e lo statuto di Hamas sancisce che la fine dei giorni si avrà solo quando l’ultimo degli ebrei sarà stato ucciso. Io sono da sempre un fautore dello Stato di Israele inserito nell’Unione Europea: credo che un simile passo farebbe diventare l’Europa molto più simile a quella sognata dai suoi padri fondatori. Teodoro Herzl, l’ideologo dello Stato ebraico scrisse una sacrosanta verità: «A Roma e a Gerusalemme sono state gettate le basi della cultura occidentale». Una frase che andrebbe fatta imparare a memoria alle nuove generazioni.

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