il caso
Svezia, protesta ambientalista. Greta Thunberg condannata
È stata in qualche modo la capostipite di un movimento che nel tempo si è espanso a dismisura, assortendo milioni di militanti sparsi in tutto il mondo. Per anni Greta Thunberg e l’ambientalismo hanno vissuto in una sorta di osmosi. Sono diventati sinonimi. Sono passati ormai quasi 5 anni dal suo celebre discorso alle Nazioni Unite, nel quale definiva l’inquinamento ambientale “una minaccia esistenziale”, causa della "crisi più grave che l’umanità abbia mai subito”. All’epoca aveva solo 15 anni. Ora che non è più costantemente al centro dei radar mediatici, molti si chiedono: “Ma che fine ha fatto la ragazza che aveva stupito il mondo con quelle sue parole?”. Beh, l’attivista svedese non ha certo smesso di battersi per un mondo più pulito, tanto che a quasi 3 mesi dalla prima condanna, Thunberg è stata in questi giorni giudicata colpevole una seconda volta per lo stesso reato: disobbedienza a un ordine della polizia, nel corso di una manifestazione ambientalista non autorizzata. Ma ricostruiamo l’andamento dei fatti. Il 24 luglio scorso Greta Thunberg era stata condannata dal Tribunale svedese a pagare un’ammenda di 2.500 corone svedesi, sfuggendo però a una pena detentiva. E la storia si è ripetuta anche nella seconda circostanza imputata, che risale proprio al giorno della prima condanna. Ciò significa che il 24 luglio 2023 l’attivista, ora 20enne, stando a quanto riportano le autorità, non avrebbe lasciato il luogo della protesta, cioè la strada di accesso al porto di Malmo che tra l’altro era lo stesso posto della precedente manifestazione. Ma avrebbe, al contrario, proseguito nella sua attività dimostrativa finendo per essere portata via di peso dagli agenti. L’11 ottobre il giudice le ha inflitto quindi un’altra multa, stavolta da 4.500 corone (equivalente di circa 390 euro) con l’aggravante di reiterazione del reato. Ma, anche stavolta, non è finita dietro le sbarre.
Thunberg non ci sta alle accuse, e confessa alla tv svedese Svt: “La mia azione non deve essere punita perché il pianeta è in pericolo. Abbiamo bloccato coloro che causano la crisi climatica. La mia azione era giustificabile”. L’intento della protesta? Paralizzare il commercio marittimo, inestinguibile motore dell’inquinamento ambientale. Ma Greta non si placa neanche dopo una doppia condanna, e il 12 ottobre è già a Oslo per presenziare a una protesta degli indigeni Sami e di giovani ambientalisti del movimento Natur og Ungdom. L’oggetto della contestazione è il parco eolico di Fosen, situato sulla costa norvegese a circa 500 chilometri a nord della capitale: secondo i manifestanti, il parco eolico ostacolerebbe il diritto dei Sami di allevare renne nella Norvegia artica. Nel corso della manifestazione è stato preso d’assalto anche l’androne del parlamento norvegese. Insomma, quella “ragazzina” ora è cresciuta ma la sua ossessione talvolta spericolata è rimasta.