medio oriente

Israele al contrattacco su Hamas, pronta l'offensiva via terra

Francesca Musacchio

«Il nemico è ancora dentro casa». Mentre sui social network sono diventati virali i video delle azioni compiute da Hamas in Israele, tra uccisioni e prese di ostaggi, Israele ha aperto la caccia ai terroristi ancora presenti nel Paese, in particolare a due cellule dormienti pronte a mettere in campo attentati suicidi. Ma a distanza di due giorni dall’attacco a sorpresa lanciato durante lo shabbat, si contano le vittime: 700 morti, 4 sarebbero americani, e più di 2000 feriti, di cui circa 300 in gravi condizioni. Mentre 750 sarebbero i dispersi e 170 gli ostaggi, di cui 7 statunitensi. Solo nel deserto del Negev, inoltre, sarebbero stati uccisi 260 ragazzi partecipanti ad un rave, mentre due turisti israeliani e la loro guida sono stati uccisi da un poliziotto ad Alessandria d’Egitto.

 

  

Per questo Israele ha chiesto ai suoi cittadini di abbandonare l'Egitto. Tra i palestinesi, invece, i morti sarebbero oltre 400 e 2.200 i feriti. Ma il bilancio delle vittime di questa guerra è in continuo aggiornamento.Come in divenire è la risposta di Israele che ha dichiarato lo stato di guerra. Ieri colonne di carri armati si sono dirette verso la Striscia di Gaza, lasciando presagire un’azione da terra. Mentre gli Usa hanno deciso di spostare un gruppo d’attacco di portaerei della Marina americana nel Mar Mediterraneo orientale.

Nel frattempo, i combattimenti ai confini con Gaza non sono cessati e per questo motivo le forze armate israeliane (Idf) hanno annunciato che le scuole resteranno chiuse in tutto il Paese. Anche le attività commerciali a sud di Netanya e a nord del Negev centrale subiranno delle limitazioni: potranno restare aperte solo se vicine a un accesso immediato ai rifugi antiaerei. In quelle aree, inoltre, è stato disposto un limite di 10 persone per i raduni all'aperto e di 50 al chiuso. E le principali compagnie aeree hanno cancellato dozzine di voli per Tel Aviv.

 

Una situazione che paralizza il Paese e che, in alcuni casi, non permette ai turisti il rimpatrio. Come accade ai 38 turisti italiani chiusi nel loro hotel di Gerusalemme. Si tratta di un gruppo arrivato da Verona per un pellegrinaggio in Terra Santa. Il rientro in Italia era previsto proprio per sabato, giorno in cui è avvenuto l’attacco, e della loro situazione è stata informata la Farnesina e anche la Regione Veneto. Il timore di queste ore, dunque, è che altri civili possano rimanere coinvolti nei combattimenti in corso tra miliziani di Hamas e militari israeliani. Ieri, nella città di Magen, nel sud di Israele vicino al confine con la Striscia di Gaza, si sarebbe verificato un violento scontro a fuoco per liberare il territorio dalle infiltrazioni terroristiche. L’obiettivo, infatti, è quello di ripulirlo dai miliziani delle brigate Al Qassam, penetrati in territorio israeliano per almeno una decina di chilometri a est di Gaza.

Ieri due terroristi sarebbero stati uccisi nei pressi di un campo non lontano dalla Striscia, ma al momento altri miliziani si troverebbero ancora in alcuni kibbutz, dove avrebbero preso altri ostaggi. In totale, gli insediamenti occupati da Hamas sarebbero 7. Ma il sud non è l’unico fronte aperto. Il rischio, infatti, è che anche dal nord possa arrivare una ulteriore minaccia. Già sabato, dopo l’attacco, Israele ha predisposto il dislocamento di truppe verso il confine con il Libano dove ieri mattina Hezbollah ha sparato proiettili di mortaio contro siti militari israeliani. E nella giornata di ieri, l’Iran è tornato a sostenere l’operazione di Hamas definendola «legittima difesa della nazione palestinese». Per il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, «il regime sionista e i suoi sostenitori sono responsabili dell’instabilità nella regione». Le dichiarazioni di Raisi arrivano dopo che il segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che non c’erano prove che suggerissero che l’Iran fosse dietro eventuali attacchi in Israele. Ma i legami di lunga data tra Hamas e Teheran suggeriscono il contrario.