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In Onda, l'ex comandante di Wagner: "Prigozhin? Non è stato Putin, chi lo voleva morto"

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È avvolta nel mistero la morte di Yevgeny Prigozhin, se di morte si tratta, il capo del gruppo Wagner che sarebbe precipitato insieme al suo vice e ad altre otto persone dopo l'esplosione di un aereo in Russia. È opinione diffusa tra osservatori e analisti, nonché da parte dell'Ucraina, che ci sia dietro la mano di Vladimir Putin dopo la clamorosa rivolta di maggio dei mercenari, scongiurata da una trattativa alle porte di Mosca. Non tutti però la pensano così. Nella puntata dii giovedì 24 agosto di In Onda, su La7, è intervenuto uno che conosceva bene Prigozhin, l’ex comandante della Wagner Marat Gabidullin che è uscito dalla milizia dopo aver combattuto in Siria contro l'Isis e nel Donbass. 

 

È stato Putin a far eliminare il capo di Wagner? La risposta di Gabidullin è sorprendente: "Prigozhin era una persona senza la quale Putin non poteva andare avanti e la sua morte non va bene per Putin, adesso (in Russia, ndr) avranno grossi problemi e non sapranno chi dovrà essere a capo del progetto africano". Insomma, viene meno il tandem Prigozhin-Putin e questo "influenzerà negativamente l'efficienza di Wagner", afferma Gabidullin che tira le somme del ragionamento: "Non ha organizzato Putin questa morte". 

 

La tesi fa saltare sulla sedia i conduttori Marianna Aprile e Luca Telese che chiedono allora chi può essere stato. "Prigozhin poteva avere tanti nemici, per esempio penso le molte strutture commerciali volevano la sua morte, corporations che Prigozhin ha lasciato senza avere la possibilità di prendere qualcosa nei Paesi dell'Africa, come la Repubblica centrale africana" dove la Russia e Wagner hanno ingenti interessi. Questo dell'ex comandante dei mercenari non è l'unico "colpo di scena", come sottolinea Telese, dell'intervista. A Gabidullin viene chiesto anche se non è stato imprudente per Prigozhin salire sullo stesso aereo con il suo vice e altri alti esponenti dei Wagner. "È molto strano", commenta l'ex militare che ha raccolto le sue memorie in un libro, ammettendo che il protocollo di sicurezza di Wagner non sarebbe stato rispettato. 

 

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