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Migranti, la Gran Bretagna li manda sulla maxi-chiatta nella Manica

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Un primo gruppo di migranti è stato trasferito a bordo della Bibby Stockholm, una mega chiatta ormeggiata nella Manica dove dovranno aspettare la decisione sulla loro richiesta di asilo, secondo un controverso programma del governo britannico che prevede di alloggiare i migranti in chiatte ed ex basi militari per ridurre i costi di mantenimento. Da fonti del governo è stato reso noto che entro la fine della settimana saranno alloggiate fino a 500 persona nella maxi-chiatta - di tre piani per un totale di 222 alloggi - che da tre settimane è all’ancora di fronte alle coste del Dorset. 

 

 

Ma il progetto sta provocando le proteste delle organizzazioni umanitarie che definiscono «disumane» le condizioni a bordo. E lo stesso sindacato dei vigili del fuoco ha espresso timori per la sicurezza, a causa delle vie di fuga limitate, in caso di sovraffollamento. Alle accuse, la sottosegretaria all’Interno, Sarah Dines ha risposto affermando che sarà assicurata una sistemazione «basilare ma adeguata», ammettendo che la volontà è quella di inviare «un forte messaggio» riguardo all’assenza di «una sistemazione di lusso», come potrebbe essere intesa quella in albergo, per la quale il governo britannico afferma di spendere 6 milioni di sterline al giorno. Non solo, Dines ha aggiunto che si stanno esaminando «tutte le possibilità» per affrontare la crisi dei migranti, anche quella di trasferirli nell’isola dell’Ascensione nell’Atlantico meridionale. 

 

 

Amnesty International ha duramente criticato il trasferimento dei migranti nella mega chiatta, definendola «una carcassa di prigione dell’era vittoriana» e definendo «vergognoso» che venga usata «per persone che sono un fuga da terrorismo, conflitti e persecuzioni». Mentre l’associazione Care4Calais è riuscita ad impedire il trasferimento sulla chiatta di 20 persone tra le quali «disabili, persone sopravvissute a torture, a schiavitù moderna, che hanno vissuto esperienze traumatiche in mare. Alloggiare qualsiasi essere umano - conclude il presidente dell’associazione Steve Smith - in una quasi prigione galleggiante è disumano. Cercare di farlo con queste persone è incredibilmente crudele».

 

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