Birmania, Aung San Suu Kyi ha ricevuto la grazia parziale. Destino ancora incerto
Graziata parzialmente ma graziata. Aung San Suu Kyi ha ricevuto la grazia per cinque delle 19 condanne a suo carico. Leader della resistenza birmana, 78 anni, in carcere da quando è stata estromessa con un colpo di stato militare nel 2021, San Suu Kyi adesso si troverebbe in un edificio governativo in attesa di conoscere il proprio destino. A dare i primi dettagli sulla sua situazione detentiva sono stati i media birmani che avrebbero confermato come la leader sia stata inclusa in un’amnistia generale arrivata in occasione della Quaresima buddista assieme ad altri 7000 prigionieri. Condannata a 33 anni di carcere con una serie di accuse - tra cui corruzione e mancato rispetto delle restrizioni anti Covid - la premio Nobel per la Pace non appare in pubblico dal suo arresto nel febbraio del 2021 e adesso potrebbe anche essere rilasciata.
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Per oltre 15 anni in carcere sotto la precedente dittatura militare, figlia di Aung San – generale, politico di spicco del locale partito Comunista e uno dei principali protagonisti dell’indipendenza della Birmania dall’Inghilterra - San Suu Kyi non è riuscita nei suoi anni di governo a contenere la dura repressione messa in atto dall’esercito ai danni della popolazione locale. Militari che poi hanno deciso di sollevarla dal suo incarico di Consigliera di Stato nel febbraio di due anni fa e che hanno dato inizio a un sanguinoso conflitto che, secondo le Nazioni Unite, avrebbe finora causato più di un milione di sfollati.
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“La grazia a San Suu Kyi è il più bel finale dopo anni di battaglie per la sua libertà” ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri e segretario nazione di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha anche ricordato quanto San Suu Kyi sia una “donna coraggiosa e autorevole da sempre in prima linea per la salvaguardia della democrazia e dei diritti umani”. Più duro nel suo tweet Benedetto Della Vedova: “Dopo incriminazioni fasulle e un processo farsa, la grazia parziale concessa ad Aung San Suu Kyi è l'ennesima cinica mossa da parte di una giunta militare che sta portando il paese alla rovina. Tra molte incertezze una cosa è chiara: che sia presente sulla scena politica o meno, per la giunta militare Suu Kyi rimane un ‘ostaggio perfetto’ e una moneta di scambio di valore”. Infine, il deputato ha ricordato il ruolo giocato da Pechino nella vicenda: “Invece di continuare a intorbidire le acque, la Cina si unisca al resto della comunità internazionale per chiederne l'immediato e definitivo rilascio”.