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Crisi Russia, l'ex consigliere di Putin svela il rischio nucleare

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"Ci saranno cambiamenti" perché "l’evento", da cui Vladimir Putin è uscito "molto indebolito", ha "dimostrato che il Paese si trova in una situazione anomala e si sta muovendo in una direzione sbagliata". Parla così con il Corriere della Sera Sergey Markov, ex consigliere per la politica estera di Putin dal 2011 al 2019, convinto che la Russia "cercherà un modo per uscire da questa situazione, anche tramite una mezza capitolazione, oppure indurirà fortemente la sua posizione, compresa la mobilitazione generale e un brusco rafforzamento della potenza militare con l’eventualità dell’uso di armi nucleari tattiche". Secondo Markov, "la prima ipotesi è del tutto impossibile" perché "se Putin farà concessioni, gli americani non scenderanno mai a compromessi, la vedranno come una debolezza e andranno fino in fondo". Convinto che quanto accaduto in Russia sia stato davvero un colpo duro all’immagine del Paese, Markov afferma che con "l’inizio dell’operazione militare speciale", l’invasione russa dell’Ucraina, la Russia ha "dato sicuramente una prova di forza, ma - dice - l’attuale fallimento di questo conflitto è già un colossale sintomo di debolezza". E "l’insurrezione di Prigozhin tradisce una palese disfunzionalità del governo e la presenza di un grande scontento".

 

 

 

Secondo Markov, Putin non aveva alternativa all’accordo con Prigozhin perché "la Wagner sono i nostri soldati". E il ricorso alla mediazione di Lukashenko è già stato "un po'" un segno di debolezza. Markov si dice convinto che "Shoigu sarà rimosso, ma non ora" perché a Putin "non piace fare le cose sotto pressione. Il ministro della Difesa - aggiunge - è molto impopolare tra le truppe. Prigozhin, invece, "non è chiaro se rimarrà alla guida della Wagner ma - conclude - conoscendo l’uomo, dubito che accetti di rimanere in disparte".

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