Le armi atomiche di Putin sono in Bielorussia: "Più potenti della bomba di Hiroshima"
Kiev fa «progressi» sul campo di battaglia, grazie al «coraggio e all’impegno» delle sue forze armate ma anche «al supporto fornito dagli alleati della Nato». Alla vigilia della ministeriale Difesa dell’Alleanza Atlantica il Segretario generale, Jens Stoltenberg, conferma i nuovi passi avanti effettuati dall’Ucraina nella sua controffensiva. Le truppe di Kiev affermano di essere avanzate dai 200 metri agli 1,4 chilometri in diversi settori del fronte negli ultimi tre giorni e di aver liberato un’area di circa 3 chilometri quadrati. Anche se la viceministra ucraina della Difesa Hanna Malyar resta cauta, parlando di «successo parziale» dei militari di Kiev che affrontano «combattimenti estremamente feroci» e la «superiorità aerea e di artiglieria del nemico».
Armi nucleari ovunque e pronte all'uso: Lukashenko fa davvero paura
Ma Stoltenberg guarda anche al futuro del Paese invaso, annunciando che la ministeriale discuterà «di un pacchetto pluriennale di sostegno con finanziamenti sostanziali per garantire che l’Ucraina possa difendersi a lungo termine» perché «dobbiamo garantire che, quando questa guerra finirà, siano in atto accordi credibili per la sicurezza dell’Ucraina». La Nato segue anche l’evoluzione della situazione in Bielorussia, dove sono arrivate le prime armi nucleari russe. «Abbiamo ricevuto missili e bombe dalla Russia - afferma il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko - una bomba è tre volte più potente di Hiroshima e Nagasaki». Con l’esplosione di questi ordigni, prosegue il leader di Minsk, «circa un milione di persone moriranno immediatamente. Dio non voglia che quest’arma venga usata». Ma Stoltenberg avverte: «Abbiamo detto chiaramente al presidente Putin che la guerra nucleare non può essere combattuta o vinta. I russi sanno che l’uso dell’arma nucleare tattica porterebbe a severe conseguenze».
Cosa vogliono i russi. La richiesta del Cremlino per uscire dalla guerra
L’incubo del nucleare aleggia anche sulla centrale di Zaporizhzia, la cui tenuta potrebbe essere stata messa a rischio dalla distruzione della diga di Nova Kakhovka. La visita all’impianto del direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, è stata però ritardata a causa di problemi di sicurezza nel viaggio. Criticità anche sul fronte dell’accordo sull’export di grano tramite il Mar Nero, come evidenziato dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. «In assenza di reciprocità e del desiderio dell’Occidente di adempiere alla parte degli accordi riguardanti la Russia - avverte - la nostra buona volontà non potrà essere infinita». Per quanto riguarda gli obiettivi dell’invasione, Peskov chiarisce che non ci sono cambi di status all’orizzonte ma che «l’operazione speciale è in corso, resta e continua». Mosca, dunque, va avanti e continua a colpire. Tre morti si sono registrati in raid russi su Odessa, tre vittime in attacchi su Kramatorsk e Kostyantynivka, nel Donetsk, mentre è salito a 12 il bilancio dei civili uccisi nel bombardamento su Kryvyi Rih, città natale di Zelensky. E il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak denuncia: «Tutti gli ultimi missili lanciati dalla Russia sono stati prodotti nella primavera del 2023. In tutti, nessuno escluso, troviamo componenti microelettroniche di fabbricazione occidentale fornite da società private alla Russia attraverso Paesi terzi, aggirando le restrizioni delle sanzioni».