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Diritti Lgbt, polemica al G7 tra Justin Trudeau e Giorgia Meloni

Dario Martini
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Justin Trudeau è probabilmente il primo ministro più gay friendly dell’Occidente. Nel 2016 è stato il primo premier della storia a partecipare a un gay pride. In Canada, dove governa ormai ininterrottamente da otto anni, le coppie omosessuali possono adottare figli ed è autorizzata la maternità surrogata, che per renderla più attraente viene definita «altruistica». Ieri, durante il bilaterale con Giorgia Meloni nell’ambito del G7 a Hiroshima, in Giappone, ha voluto esprimere il suo disappunto al presidente del Consiglio, dicendosi «preoccupato per alcune posizioni che l’Italia sta assumendo in termini di diritti Lgbt». A dare ancora più peso alle parole di Trudeau è il fatto che sono state pubblicate sul sito del governo canadese.

Nella nota si legge anche la risposta che avrebbe dato Meloni, ovvero che «il suo governo sta seguendo le decisioni dei tribunali e non si sta discostando dalle precedenti amministrazioni». Insomma, un attacco frontale che ha destato stupore nell’interlocutore. Fonti della delegazione italiana, infatti, definiscono «sorprendente» la frase pronunciata da Trudeau durante il bilaterale in merito ai diritti Lgbt in Italia. Viene fatto notare che l’incontro era stato preparato dalle due diplomazie e il tema non era uno degli argomenti chiave del bilaterale. La presidente del Consiglio, ribadiscono le stesse fonti italiane, ha risposto a Trudeau che il governo italiano non ha cambiato la legislazione, non è stato fatto nessun intervento e non c’è nulla di cui preoccuparsi. «La preoccupazione è tutta nella testa e nei pensieri di Trudeau», è il commento all’Adnkronos di Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e parlamentare di Fratelli d’Italia. «Non abbiamo cambiato nessuna norma rispetto al passato e non abbiamo proposto di farlo». Per l’esponente del partito di Giorgia Meloni, quella di Trudeau è una dichiarazione «molto strana», probabilmente legata a «scopi interni» e comunque «denotano una scarsa conoscenza dei fatti italiani».

Ciò che stupisce è il fatto che il primo ministro canadese abbia sfruttato il vertice dei sette maggiori Stati economicamente avanzati del pianeta per avanzare perplessità sui diritti Lgbt in Italia. Se il governo, come ha specificato Meloni, non ha cambiato di una virgola la legislazione in materia, allo stesso modo si può dire che il modello canadese, soprattutto per quanto riguarda le adozioni da parte delle coppie gay e la maternità surrogata, non corrisponde all’approccio del governo italiano. È noto, infatti, che la maggioranza di centrodestra intende introdurre il «reato universale» di maternità surrogata. In commissione Giustizia alla Camera è stato incardinata una proposta di legge per punire i cittadini italiani che commettono questo tipo di reato all’estero, applicando le stesse pene vigenti in Italia.

In Canada l’utero in affitto è previsto solo per «altruismo», le donne possono portare avanti la gravidanza per altri ma solo in modo «solidale». Le cosiddette «tummy mummy» (mamme di pancia) non devono essere pagate. Ma l’aspetto commerciale resta. Come? Semplice: con i rimborsi spese a cui le madri «a tempo» hanno diritto nel corso della gravidanza e nei mesi immediatamente successivi. Tra i rimborsi alla donna che presta l’utero (anche diecimila euro), le commissioni legali, i pagamenti alle agenzie intermediarie e alla clinica della fertilità, le coppie che ricorrono a questa pratica possono arrivare a sborsare fino a 80mila euro. Eppure, a preoccuparsi non è Meloni, ma Trudeau.
 

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