il retroscena
Macron anti-Usa per calcolo. L’asse con la Germania spacca la Nato
«Se mettiamo le basi per una vera autonomia strategica europea, sarebbe paradossale seguire la politica statunitense in una sorta di riflesso dettato dal panico»: il presidente della repubblica francese Emmanuel Macron vuole improvvisamente apparire come il numero uno degli antiamericani, almeno a livello di immagine, nel vecchio continente. La parola magica, «vassalli», da cucire addosso a coloro che seguono la linea atlantista, è quella che permette di far credere che lui «ha la schiena dritta», a differenza dei colleghi europei. Un colpo di teatro che nasconde un calcolo machiavellico. Intanto, Macron è riuscito a far arrivare alle grandi aziende francesi un portafogli ricco di sontuosi contratti siglati con il governo di Pechino, e quindi deve ringraziare, almeno per un po’ di tempo, i cinesi. Perché a Xi Jinping il capo di stato transalpino può solo dire «mercì»: insieme a lui, in Cina c’erano una sessantina di dirigenti di gruppi industriali e non solo, cominciando dai leader di Edf, Alstom, Veolia e Airbus. Solo quest’ultima, per esempio, avvierà una seconda linea di assemblaggio di aeromobili a Tianjin, e così raddoppierà la capacità produttiva di aeromobili A320 in terra cinese. Era gongolante il presidente esecutivo di Airbus, Guillaume Faury, quando ha annunciato l’intesa: e Airbus è ben inserita nel Celeste Impero, visto che produce A320 a Tianjin dal 2008. Si tratta del più grande costruttore di aerei del mondo, che ha superato Boeing come fornitore della Cina a causa delle tensioni tra Washington e Pechino.
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«Intascati i renminbi, Macron non potrà evitare un appoggio a Pechino nella disfida con Taiwan”, dicono preoccupati gli americani. E infatti dall’Eliseo ecco partire le dichiarazioni contro gli Stati Uniti. È da sottolineare che grazie a una politica estera di questo genere il presidente francese può cercare di soffocare le tante proteste interne nate dalla decisione di alzare l’età pensionabile. I cugini d’oltralpe non hanno mai amato Washington e dintorni, e i sindacati hanno marciato per le strade di Parigi e delle città francesi con bandiere rosse come se non vedevano da anni. Il popolo, e non solo la classe operaia che è attirata dai comizi di Jean-Luc Mélenchon, leader di «La France Insoumise», il principale gruppo politico di sinistra, anche riguardo a quanto accade in Ucraina non nasconde una antica simpatia per la Russia, e in particolare per Vladimir Putin. Macron lo sa benissimo: mettendosi in una posizione fortemente critica nei confronti dell’America può recuperare dei punti tra i suoi concittadini, risalendo quella popolarità che negli ultimi mesi ha perso a causa delle politiche di tagli al bilancio statale. E non ci sono miliardi da spendere per rifornire di armi Kiev.
Macron ha un vantaggio: la diffidenza dei vicini tedeschi sull’appoggio all’Ucraina è reale, e il solito asse Parigi-Berlino sarebbe in grado di spaccare il fronte atlantico. Con le elezioni americane in arrivo, poi, il caos è assicurato. Intanto la Francia è riuscita a far firmare tanti contratti ai cinesi, e questo conta. Fonti diplomatiche affermano che non è mancato un accordo sotterraneo per la spartizione dell’Africa, dove è in corso la più grande guerra mai raccontata per mettere le mani sulle ricchezze naturali che servono all’intera umanità.