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Russia, folla in lacrime per i funerali del blogger ucciso. Spunta pure Prigozhin

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Si sono svolti a Mosca i funerali di Vladlen Tatarsky, il blogger nazionalista e comandante militare, morto nell’attentato del 2 aprile in un caffè di San Pietroburgo. Come riportano i media russi, la camera ardente del blogger, vicino ai mercenari della compagnia Wagner, è stata allestita nella sala funeraria del cimitero Troekurovsky della capitale. «Compagni d’armi e molti cittadini premurosi sono venuti a salutarlo», scrive l’agenzia ufficiale Ria Novosti, aggiungendo che «c’era una lunga coda all’ingresso del cimitero. Molti di quelli che sono venuti non hanno potuto trattenere le lacrime». Tra coloro che sono arrivati a dare l’ultimo saluto al ‘blogger militare’ - che teneva un popolare canale Telegram - anche il fondatore della Wagner, Evgheny Prigozhin, e il leader del partito nazionalista Ldpr, il deputato Leonid Slutsky, che nel suo discorso ha chiesto il ripristino della pena di morte in Russia. 

 

 

Il blogger quarantenne, all’anagrafe Maxim Fomin, tra le altre cose aveva sostenuto l’assassinio di tutti gli ucraini durante la guerra con Kiev. Prigozhin lo ha ringraziato «a nome dei Wagner». «Tatarsky ha fatto molto per permetterci di andare alla vittoria e distruggere il nemico», ha detto il fondatore della compagnia di contractor, senza specificare a quale vittoria si riferisse in particolare. Accanto alla bara del blogger-combattente proprio i famigerati mercenari russi hanno deposto un martello con scritto «Non fiori ma mazze». I martelli sono stati usati dai Wagner per commettere uccisioni extragiudiziali di disertori catturati. Tatarksy è stato sepolto con gli onori militari, durante una cerimonia tenutasi tra misure di sicurezza rafforzate. La moglie dell’uomo è arrivata al cimitero con un’imponente scorta di uomini armati fino ai denti, che ha stupito anche i media russi. Sebbene Tatarsky fosse un sostenitore della guerra totale contro l’Ucraina, aveva anche criticato i vertici militari russi, portando alcuni a ipotizzare che possa essere stato assassinato da apparati dello Stato.

 

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