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Guerra in Ucraina, Lukashenko propone il cessate il fuoco: no di Kiev e Mosca

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Nel giorno 401 della guerra in Ucraina, la parola «tregua» torna al centro della scena. A evocarla è però non proprio una figura super partes, come il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, le cui parole nel discorso sullo stato della nazione sono state largamente riprese dalle agenzie russe: evidenziando il rischio della terza guerra mondiale con il ricorso alle armi nucleari che «incombe all’orizzonte», Lukashenko ha detto che l’unica soluzione al conflitto può arrivare da «colloqui senza precondizioni», che «devono essere avviati subito» perché «dobbiamo fermarci ora, prima che inizi l’escalation». «Proverò a proporre una cessazione delle ostilità, una dichiarazione di tregua» aggiunge il presidente bielorusso, sottolineando come Russia e Ucraina debbano capire di «non poter cercare una vittoria a tutti i costi». 

 

 

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha risposto però così al presidente bielorusso: «Per la Russia non cambia nulla e l’operazione militare speciale continua». E la parola «tregua», timidamente entrata nella scena, fa poco dopo la sua uscita. Mosca, inoltre, considera «molto pericolosa» l’invio di una forza di peacekeeper in Ucraina, che potrebbe essere discussa in ambito Ue.

 

 

Anche Il governo ucraino ha respinto con forza la proposta di cessate il fuoco avanzata dal presidente bielorusso. «Qualsiasi cessate il fuoco significherebbe il diritto della Federazione Russa di rimanere nei territori occupati. Questo è assolutamente inammissibile. L’Ucraina ha il diritto di spostare truppe ed equipaggiamenti sul proprio territorio come ritiene necessario. Strani ‘peacekeepers’ sembrano ridicoli», la presa di posizione su Twitter del consigliere dell’ufficio presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak.

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