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Usa, arriva la svolta storica sul nucleare
Ancora poche ore e il sogno della fusione nucleare, il «Santo Graal dell'energia», ovvero un processo in grado di generare più energia di quella utilizzata per avviarlo, potrebbe diventare realtà. La svolta dovrebbe essere annunciata oggi dal Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, anche se su questa «rivoluzione» - frutto di una fusione nucleare - le bocche restano ancora cucite. Le uniche conferme sono di una comunicazione su una «grande svolta scientifica» che sarà fatta dal segretario Usa all'Energia Jennifer Granholm e del sottosegretario Jill Hruby al Lawrence Livermore National Laboratory.
Dalla struttura californiana si ammette il successo di un esperimento compiuto nella National Ignition Facility ma si sottolinea come i ricercatori stanno ancora limando le analisi. Il National Ignition Facility è una struttura da 3,5 miliardi di dollari nata con fini militari, con il compito di testare armi nucleari simulando esplosioni, ma in seguito è stato utilizzato per ricerche sulla generazione di energia da fusione. A quanto anticipato dal Financial Times il laboratorio federale avrebbe definito un processo chiamato «fusione a confinamento inerziale» che prevede il bombardamento di una minuscola pallina di plasma di idrogeno con il laser più grande del mondo, al termine del quale ci sarebbe un guadagno netto di energia.
La reazione di fusione presso la struttura californiana ha prodotto circa 2,5 megajoule di energia, ovvero circa il 120% dei 2,1 megajoule di energia emessi dai laser, confermano persone vicine alla ricerca, che spiegano come i dati siano ancora in fase di analisi. È la prima volta che accade che in una reazione di fusione si produca più energia di quella necessaria per attivare il processo. Addirittura, il surplus di energia ottenuto- secondo il FT- avrebbe danneggiato alcune apparecchiature usate nell'esperimento.
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È un risultato che - sottolinea il quotidiano britannico- non significa che la generazione di energia per i consumatori attraverso la fusione nucleare sia dietro l'angolo, ma che mostra comunque «un potenziale della tecnologia che è difficile da ignorare» visto che queste reazioni non emettono carbonio, non producono scorie radioattive e una piccola quantità di combustibile a idrogeno potrebbe teoricamente alimentare una abitazione per centinaia di anni. «Per la maggior parte di noi, era solo una questione di tempo», ha spiegato al Washington Post uno scienziato coinvolto nell«impresa»