L'incontro
G20, faccia a faccia Biden-Xi Jinping: tra Usa e Cina pace solo a parole
Biden-Xi zero a zero. Il match di ieri tra il Presidente americano e quello cinese è già stato l’evento più importante del G20 di Bali, che comincerà stamattina. Ma è una non-notizia. Meravigliose manifestazioni di intenti ma comunque nessuna delle due super potenze appare intenzionata a cambiare le proprie posizioni sull’altra. Si sono sì ripresi i rapporti, drasticamente interrotti lo scorso agosto dopo la visita non gradita della speaker della Camera Nancy Pelosi a Taiwan, ma le misure messe in atto dall’amministrazione di Donald Trump come le sanzioni su 340 miliardi di beni di fattura cinese restano. Così come solo un mese fa Biden aveva vietato l’esportazione di chip e semiconduttori cinesi. Non è con una stretta di mano che si supera il fatto che la Cina non rispetta le regole internazionali in molteplici campi, dalle pratiche commerciali scorrette alla violazione delle regole su marchi, brevetti e proprietà industriali, per non parlare dei diritti umani. E anche se fosse, hanno davvero valore le parole di Xi Jinping oppure, come pensano in tanti negli ambienti internazionali, dice una cosa e poi ne fa un’altra?
Da quando Biden è alla Casa Bianca, quello di ieri è stato il primo incontro di persona fra i due Presidenti e non a caso è stata scelta Bali: territorio neutro. Sicuramente non sarebbe riuscito farlo né a Washington né a Pechino. I due si erano visti l’ultima volta nel 2017, quando Biden era in veste di Vice di Barack Obama ma dal 2021 si erano sentiti cinque volte per telefono o videochiamata. È vero, di mezzo c’è stato il Covid ma probabilmente a entrambi andava bene aspettare questo novembre per mettersi alle spalle l’uno le elezioni di midterm della settimana scorsa, l’altro il congresso del Partito Comunista Cinese un mese fa.
Nel merito, si è parlato della guerra in Ucraina, con i due Presidenti concordi nel definire «inaccettabile» il paventato uso da parte della Russia della bomba nucleare, ma non si sa se è stata definita una strategia di deterrenza comune. Argomento strettamente collegato, nella geopolitica, ai rapporti tra Cina e Taiwan. Joe Biden in conferenza stampa si è mostrato fiducioso sul fatto che non ci sarà alcuna invasione, circostanza fino ad oggi molto temuta a livello globale, proprio come conseguenza di quella russa dell’Ucraina. E ha anche confermato come la posizione americana sul dossier non è cambiata. Si è passati poi ai temi economici e alle grandi sfide globali. Sul primo, ha detto Biden: «La competizione non deve diventare conflitto, le differenze vanno gestite, serve mutua collaborazione e a entrambi conviene lavorare insieme». Sul secondo, l’hanno fatta da padroni il cambiamento climatico e la sicurezza alimentare. Tema, quest’ultimo, indirettamente molto caro anche a noi italiani che abbiamo appena istituito il Ministero della sovranità alimentare, competenza aggiunta al Ministero dell’agricoltura. I due Paesi, tanto spesso nemici, lavoreranno davvero insieme?
Ma forse la vera bomba risiede nell’ultimo tema dell’incontro: la Corea del Nord. Il Presidente americano ha chiesto a Xi Jinping di scoraggiare Kim Jong Un dall’effettuare ulteriori test nucleari perché, se continuasse a farli, gli Stati Uniti sarebbero costretti a prendere le dovute misure difensive. La frase ha destato qualche preoccupazione: che non provochi reazioni pericolose? Le gaffe di Biden sono note in tutto il mondo ma, dato il ruolo che ricopre, non possono essere senza conseguenze e la Corea del Nord è tema scottante. Dunque l’incontro si è chiuso con l’impegno di un prossimo viaggio in Cina del segretario di Stato USA, Anthony Blinken. Se i rapporti li gestisce lui forse è meglio per tutti. Passaggio di politica interna, Biden si è presentato in Asia vincitore dell’ultima tornata di elezioni: la disfatta che era stata annunciata da tutti i sondaggi sui seggi di Camera dei Rappresentanti e Senato non c’è stata. Ma non si prevedono due anni di governo facile. L’incontro di ieri con Xi Jinping è stato presentato al mondo come il primo successo del nuovo corso. Ma l’entusiasmo del Presidente, dell’establishment del partito democratico, che vorrebbe che Biden non si ricandidasse, e degli elettori quanto è destinato a durare? Il 2024, quando si voterà di nuovo per la Casa Bianca, sembra vicino ma per i tempi della politica è lontanissimo.