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Vertice Putin-Erdogan: Turchia hub per il gas russo in Europa

Il presidente russo Vladimir Putin insiste per rendere la Turchia l’hub energetico attraverso cui smistare il gas diretto verso l’Europa. L’idea del leader russo ha fatto parte dell’agenda dell’incontro con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan avvenuto ad Astana. Ulteriore conferma di quanto i rapporti tra Ankara e Mosca siano solidi e di come Erdogan costituisca per Putin un alleato con cui trovare soluzioni, sovvertire situazioni sfavorevoli e aprire scenari nuovi, come nel caso in questione.

La proposta del presidente russo è arrivata come possibile alternativa alle rotte attuali, non a caso dopo i problemi riportati dai gasdotti del Baltico, e consentirebbe a Mosca di mantenere il proprio potere nei confronti dell’Europa, garantendo allo stesso tempo ad Erdogan (e all’Europa) il gas di cui hanno bisogno. Il piano prevede in pratica di svuotare il Nord Stream e continuare a rifornire l’Europa attraverso la Turchia che storicamente non ha risorse proprie ma può contare su una posizione strategica. In questo caso, oltre alla posizione, molto ha contato il rapporto tra Erdogan e Putin e il dialogo in corso tra i due che si sono incontrati per 4 volte negli ultimi 4 mesi.

  

 

 

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Rimangono tuttavia da chiarificare alcuni punti. La Russia venderebbe il gas alla Turchia che a sua volta lo venderebbe all’Europa? Sembrerebbe di si, considerando che il leader russo ha dichiarato che il progetto che ha in mente costituisce «una piattaforma non solo per i rifornimenti ma anche per determinare i prezzi, senza mettere in mezzo la politica, ma solo seguendo il mercato». Un punto essenziale, ma soprattutto una mossa di Putin per rispedire la palla dall’altro lato del campo e aspettare le mosse di un’Europa che si trova schiacciata tra la volontà di sanzionare la Russia e la possibilità concreta di rimanere senza riscaldamento. Il 40% dell’import europeo è, infatti, coperto da gas russo ma Putin ha stretto i rubinetti con l’inizio della guerra in Ucraina come risposta alle sanzioni che Europa e Paesi occidentali hanno applicato nei confronti della Russia.

Erdogan sull’argomento non si è ancora espresso ma da fonti russe filtra che i due leader abbiano ordinato un rapporto con tanto di studio di fattibilità di un progetto che stravolgerebbe le rotte del gas e farebbe aumentare il peso internazionale della Turchia sul piano politico e strategico. Siamo comunque dinanzi all’ultima, in ordine di tempo, mossa di Putin che, attraverso il gas, tiene l’Europa in scacco anche se stavolta gli è essenziale la collaborazione del leader turco che è anche leader Nato e che si è fatto strada dall’inizio della guerra mettendo a segno le importanti trattative per il corridoio del grano e per lo scambio di ostaggi tra i due Paesi. L'ultimo incontro, come annunciato da Ankara, sarebbe dovuto servire a dare nuovo vigore alla trattativa per un cessate il fuoco e imbastire una mediazione sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia.

«Siamo decisi ad andare avanti con il passaggio del grano e garantire anche la partenza d grano e fertilizzanti russi», ha detto Erdogan. Ma la scena è stata rubata dalla questione energetica e dalla proposta di Putin nonostante fossero altre le premesse con cui ci si era avvicinati all’incontro, dopo che questa settimana da Mosca è arrivata un importante via libera alla Turchia per ospitare un eventuale negoziato. Erdogan, che nei mesi scorsi ha ripetutamente ribadito la disponibilità del proprio Paese a mediare, come effettivamente avvenuto a fine marzo con il negoziato andato in scena ad Antalya e Istanbul, stavolta ha taciuto.

La tensione altissima di questi giorni non sembra permettere alcuna trattativa reale e anche il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha ribadito di non essere disposto a un incontro già dopo il referendum farsa che ha consegnato a Mosca 4 province ucraine. Referendum i cui esiti non sono riconosciuti da Ankara che Erdogan ha definito «un ostacolo per qualsiasi trattativa». Inoltre è impossibile non notare come l’apertura di Mosca sia arrivata in concomitanza con l’attacco missilistico che ha colpito Kiev e altre città ucraine. Circostanze da cui è impossibile far nascere una vera trattativa, la tensione tra i due Paesi dopo l’attacco al ponte in Crimea è alle stelle e ogni tentativo di giungere a un cessate il fuoco ora sarebbe destinato a fallire. Ecco perché era meglio concentrarsi sull’energia.