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Russia, la disfatta di Lyman scatena la resa dei conti interna: “Rischio colpo di Stato”
È iniziata in Russia la guerra aperta fra i siloviki. La disfatta di Lyman, meno di 24 ore dopo la firma degli accordi per l’annessione delle quattro regioni del sud est dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, ha fatto emergere le rivalità fra le diverse fazioni degli apparati militari e della sicurezza. La battaglia non si svolge più dietro le quinte. Le critiche avvengono apertamente e a voce alta. Tanto che alcuni hanno iniziato a prevedere se non la fine del regime o un colpo di stato, come ha fatto Leonid Bershidsky, ex direttore di Vedomosti da anni oramai rifugiato a Berlino, comunque cambiamenti ai vertici della difesa.
Ieri si sono espressi contro la gestione dell’operazione militare speciale il Presidente della Cecenia, Ramzan Kadyrov, il tycoon a capo della Wagner fucina di mercenari Evgeny Prigozhin - che proprio nei giorni scorsi ha ammesso la paternità della società, come a riscuotere il dovuto - l’ex generale ora deputato, Andrei Gurulev, Igor Girkin, noto anche come Strelkov, fra i primi a scendere in campo nel Donbass nel 2014. Influenti canali Z (dal simbolo usato in Russia soprattutto nei primi mesi per catalizzare il sostegno per la guerra, ndr) come «Rybar» danno spazio e amplificano le loro voci. Nessuno di loro per il momento si spinge oltre, nelle sue dichiarazioni pubbliche, al ministro della Difesa Sergei Shoigu e al capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. Ma Putin non ha da sentirsi tranquillo.
Più che la richiesta dell’impiego di testate nucleari di carica ridotta, hanno colpito, nelle parole di Kadyrov di ieri, le critiche esplicite e feroci al comandante del distretto militare centrale, il generale Aleksandr Lapin che, a suo dire, non è riuscito a portare al fronte le truppe, le linee di comunicazione, il coordinamento e le munizioni necessarie. «Avete bisogno di una prova delle crepe in seno all’elite, spesso un segno della fine di un regime?», ha scritto l’economista e oppositore russo Konstantin Sonin, ora all’Università di Chicago, commentando queste dichiarazioni. «Non riesco a spiegarmi la caduta di Lyman», ha affermato Gurulev, ex comandante del distretto militare meridionale, in una intervista alla radio della Komsomolskaya Pravda, denunciando «menzogne dalla cima al fondo» dell’apparato della difesa. Gurulev, che oggi denuncia la scomparsa di un milione e mezzo di uniformi militari, non ha potuto proseguire perché è stato immediatamente messo fuori onda. «È in atto uno scisma totale in seno alla lobby della guerra che non è destinato a concludersi in modo pacifico, senza voler fare giochi di parole», ha commentato il fondatore del sito investigativo Bellingcat, Christo Grozev.
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A testimoniare il clima di resa dei conti generale, non necessariamente una buona notizia per chi auspica una svolta democratica della Russia, il canale Telegram filocremlino «Readovka» accusa Kadyrov e gli altri di essere peggio del nemico. «Zona Grigia» arriva ad accusarli di lavorare per «i traditori». La spiegazione più vicina a quella ufficiale per tale «grande dibattito» in seno all’elite, per le critiche della situazione sul campo di battaglia che oramai nessuno nega più, è che sono il frutto di preoccupazione. Un tutti contro tutti che allarma Putin.