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Russia, la nuova minaccia di Vladimir Putin. Dopo il gas taglia anche il grano: "L'accordo è un inganno"

Gianni Di Capua
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Non sono né le bombe, né i razzi, né il clima di profonda ostilità che animai rapporti tra Mosca e Kiev a mettere a rischio il passaggio delle scorte di grano bloccate nei porti ucraini, ma la volontà politica manifestata dal presidente russo Vladimir Putin di voler limitare la portata della rotta del Mar Nero. Putin ha dichiarato infatti di avere intenzione di discutere con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, per «limitare l'esportazione di grano e altri generi alimentari attraverso il Mar Nero». I due hanno avuto un colloquio telefonico la scorsa domenica, l'occasione per una valutazione di un'intesa in corso da ormai più di un mese e che al momento tiene e ha consentito la partenza di più di un milione di tonnellate di grano e prodotti alimentari. Il presidente russo denuncia «un imbroglio» alla base dell'accordo che ha portato alla costituzione del corridoio del grano. Le derrate prodotte in Ucraina, secondo Putin, non sono dirette a Paesi a rischio carestia se non in minima parte e non sono decisive per eliminare il rischio di una crisi alimentare mondiale. Putin, insomma, ritiene che l'intero accordo sia stato imbastito non per motivi umanitari, ma per consentire al grano prodotto dall'Ucraina di essere esportato e all'economia del Paese sotto attacco di respirare.

 

 

«Abbiamo fatto tutto il possibile al fianco della Turchia per garantire l'export del grano ucraino, ma se si esclude la stessa Turchia, Paese intermediario, la maggior parte dei carichi sono finiti in Europa e non in Paesi poveri. Una forma di colonialismo moderno che perpetua il colonialismo del passato. Non abbiamo evitato carestie, ma rallentato l'aumento dei prezzi in Occidente», ha detto Putin. Solo 2 delle 87 navi partite dai porti ucraini si sono dirette verso Paesi in via di sviluppo, 60mila tonnellate di grano su un totale di più di un milione. «Ancora una volta i Paesi in via di sviluppo vengono presi in giro. Con quest'approccio il problema alimentare è destinato ad aumentare e ci avviamo verso una catastrofe umanitaria senza precedenti», ha detto Putin. Mosca vuole rivedere i termini dell'accordo e pretende la rimozione di sanzioni economiche e logistiche. «Anche quando non ci sono sanzioni che riguardano direttamente i prodotti ci troviamo dinanzi a restrizioni che riguardano la logistica, difficoltà nei pagamenti e impossibiltà di stipulare assicurazioni. Tutti problemi che rimangono», ha aggiunto Putin, pronto a parlarne con Erdogan, il suo unico interlocutore al di fuori della sfera d'influenza russa.

 

 

Il presidente turco dal canto suo mira a organizzare un incontro tra Putin e Zelensky e media per uno scambio di prigionieri e per una via d'uscita alla complicata situazione della centrale di Zaporizhzhia. Non solo Il presidente turco critica duramente i Paesi occidentali per le politiche messe in atto dall'inizio della guerra in Ucraina. Ne ha per tutti il leader turco, che prima parla di «politica provocatoria» nei confronti della Russia, una strategia che ha detto «apertamente» di non condividere, in pieno contrasto con la posizione «bilanciata intrapresa dalla Turchia», che continuerà sulla stessa strada. Per Erdogan «la pace appare lontana» anche a causa dell'approccio «provocatorio» assunto dall'Occidente, che mantiene «atteggiamento di sdegno» nei confronti della Russia, un Paese che «non possiamo disdegnare», salvo poi ritrovarci poi a «fare i conti con il problema del gas». Erdogan - che si è sempre schierato contro l'aggressione russa a Kiev e l'annessione della Crimea - ha accusato la scarsa effettività degli aiuti mandati all'Ucraina. Mentre Ankara ha anche mandato a Kiev i droni TB2 Bayraktar, indigesti ai russi già dai tempi della Libia e micidiali nel rallentare l'offensiva di Mosca nel Donbass, l'Occidente ha inviato «solo ferri vecchi». Quanto ai soldi «non si sa dove siano finiti». Erdogan aveva dei sassolini da togliersi dalle scarpe da tempo, lasciato solo nel tentativo di mediazione e anche nella trattativa per il corridoio del grano, dove ha avuto il pieno sostegno dolo dall'Onu.

 

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