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Joe Biden chiede soldi al Congresso Usa per inviare armi a Taiwan

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L’Amministrazione Biden si sta preparando a chiedere il via libera del Congresso per vendere 1,1 miliardi di dollari in missili e supporto radar a Taiwan. Lo ha riferito Politico, citando fonti a conoscenza della questione. Il pacchetto, che sarebbe il più grande trasferimento di armi dagli Usa a Taiwan in quasi due anni, includerebbe l’estensione di un contratto per la sorveglianza radar, circa 100 missili aria-aria Sidewinder e circa 60 missili Harpoon antinave. Entrambi i missili, hanno precisato le fonti, già in passato erano stati venduti dagli Usa a Taiwan. Il Dipartimento di Stato ha già notificato in modo informale al Congresso la richiesta di vendita delle armi. Anche se non aumenta le capacità militari di Taiwan, la mossa potrebbe suscitare proteste da parte di Pechino, che ha affermato che le vendite di armi americane a Taiwan sono una minaccia alla sua sicurezza.

 

 

 

 

E la questione di Taiwan è ancora in evidenza sul "China Daily" dopo il passaggio di due navi militari americane nello Stretto, che secondo il giornale dopo la visita di Nancy Pelosi a Taipei è stata un’inattesa nuova provocazione mentre «molti pensavano che gli Usa si sarebbero astenuti dall’intorbidire ulteriormente le acque». Una «mossa senza scrupoli», scrive il quotidiano, e un nuovo segnale che «gli Stati Uniti continuano a svuotare il principio della Cina unica, e quindi rischiano di innescare un conflitto. Soprattutto perché l’esercito cinese è in allerta e pronto a contrastare qualsiasi mossa degli Stati Uniti per cambiare lo status quo nello Stretto». La posizione degli Stati Uniti nei confronti di Taiwan, conclude il giornale, «è fortemente influenzata dalla sua politica interna. Ma per vincere qualche punto nella loro partita di superiorità in casa e forse mostrare alcuni muscoli militari all’estero, i politici statunitensi non dovrebbero giocare con il fuoco interferendo nella questione di Taiwan, costringendo la loro stessa gente, così come quelli dall’altra parte dello Stretto, a pagare per le loro azioni sconsiderate». 

 

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