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Taiwan, Nancy Pelosi a Taiwan. La Cina minaccia: "Gli Usa pagheranno un prezzo"

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Nancy Pelosi sbarcherà a Taiwan. L'aereo Usa che ha portato in Malaysia la presidente della Camera americana ha lasciato la capitale Kuala Lumpur, in base ai media locali e al sito web di monitoraggio dei voli Flightradar24. 

La speaker potrebbe arrivare presto a Taipei dopo un volo di oltre 4 ore: secondo le indiscrezioni pubblicate oggi dal quotidiano di Taiwan Liberty Times, l'atterraggio è previsto per le 22.20 ora locale, le 16.20 in Italia. La Cina ha avvertito che gli Stati Uniti "pagheranno un prezzo" se Pelosi visiterà Taiwan mentre l'isola ha rafforzato le misure di sicurezza dopo l'allarme bomba scattato all'aeroporto internazionale di Taoyuan: "Al momento, non è stato trovato nulla di sospetto" ha fatto sapere però la polizia. La tensione è altissima.

Già da ieri era ormai quasi certo, dopo il susseguirsi delle indiscrezioni dei media, non confermate dall'ufficio della speaker della Camera, né dalla Casa Bianca. Pelosi non aveva ancora "confermato i suoi piani di viaggio per Taiwan", ma è un "suo diritto" visitare l'isola e "non c'è ragione" perché Pechino trasformi questa vicenda in un potenziale "conflitto" o la usi come "pretesto" per aumentare l'attività militare nella regione, aveva detto il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, di fatto ammettendo che la visita ci sarà. "Non ci facciamo intimidire dalle minacce cinesi", aveva detto lo stesso Kirby poche ore prima, mentre i media Usa diffondevano anticipazioni sulla visita, che dovrebbe iniziare martedì sera e poi proseguire mercoledì con un incontro di Pelosi con la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e Pechino alzava i toni dello scontro.

Le "minacce cinesi" andavano dal "non resteremo a guardare", alla promessa di "contromisure decise e forti", fino a un video 'muscolare' col quale l'Esercito Popolare di Liberazione illustrava le sue esercitazioni. Manovre non solo virtuali quelle cinesi, come dimostrava l'annuncio di nuove esercitazioni nel Mare Cinese Meridionale e nel golfo di Bohai, nel Mar Giallo e un'intensificazione dei voli radenti lo spazio aereo di Taiwan, Contemporaneamente, stando ai media di Taipei, il Pentagono spostava verso Taiwan la portaerei Ronald Reagan e il relativo gruppo d'attacco. Azioni che erano state anticipate nei giorni scorsi, quando i media Usa avevano riferito che il dispositivo militare statunitense a protezione della Pelosi e in risposta alle probabili "provocazioni militari" cinesi, come le ha definite Kirby, sarebbe stato robusto.

Joe Biden, ancora positivo al Covid, ha tentato di non farsi coinvolgere direttamente nell'escalation di polemiche e toni. Nella telefonata della scorsa settimana col leader cinese Xi Jinping, il presidente Usa aveva rassicurato l'interlocutore che la politica americana dell' 'Unica Cina' "non è cambiata". "Chi gioca col fuoco, finisce per bruciarsi", era stata la risposta di Xi. L'Amministrazione Usa, del resto, teme che di fronte alle difficoltà interne (l'economia rallenta e i lockdown per il Covid sono molto impopolari), e in vista del Congresso del Partito Comunista che dovrebbe rieleggerlo alla Presidenza per la terza volta, Xi possa alzare il tono del confronto con Washington, innescando una crisi proprio nello Stretto di Taiwan.

Gli Usa vogliono poi che la posizione della Cina rispetto alla Russia non cambi. Pur non condannando apertamente l'invasione dell'Ucraina, infatti, Pechino non ha fornito aiuti militari a Mosca e ha bloccato i suoi investimenti in Russia. Washington desidera che lo status quo, a Taiwan come in Europa, venga mantenuto. La visita di Pelosi rischia di compromettere questo scenario.

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