Dall'Italia nuovo invio di armi all'Ucraina. In arrivo il quarto decreto, Mario Draghi non teme più Giuseppe Conte
Un nuovo decreto, il quarto, sull'invio delle armi in aiuto alla difesa del popolo Ucraino. Di questo si parla nei palazzi della politica. Ovviamente la lista sarà secretata, come le precedenti, e il governo riferirà innanzitutto al Copasir, come da prassi, anche se al momento, non è in calendario l'audizione del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Il testo dovrebbe arrivare massimo entro una decina di giorni. E stavolta il premier Draghi non vivrà questi giorni con il fiato sospeso come accaduto nei mesi scorsi, quando Giuseppe Conte ogni giorno gli chiedeva di rendere conto in Parlamento paventando il ritiro del suo appoggi. Ieri il leader del M5S ha minimizzato: «Se gli Usa mettono 40 miliardi di dollari di aiuti e la Gran Bretagna continua a fornire armi sofisticate, qualche fucile in più dall'Italia aiuta poco la causa comune». La realtà è che con la scissione di Di Maio il ruolo dei pentastellati non è più decisivo. Inoltre, con la risoluzione sull'Ucraina approvata dal Parlamento lo scorso 21 giugno, con il sostegno di tutti i partiti di maggioranza, grillini compresi, Draghi ha blindato la linea del governo.
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L'Italia potrà continuare ad inviare armi a Kiev fino al 31 dicembre di quest'anno come prevede il primo decreto di marzo sull'Ucraina. Grazie a questo provvedimento, infatti, l'esecutivo può emanare decreti interministeriali sull'invio di armi senza che sia necessario passare dalle Camere. Nella lista degli armamenti dovrebbero figurare equipaggiamenti militari, mezzi blindati per il trasporto del personale e artiglieria pesante sia a media che a lunga gittata. Insomma, l'Italia non si sottrae e intende esaudire le richieste del presidente ucraino Zelensky che proprio pochi giorni fa ha fatto un appello all'Europa affinché acceleri l'invio di armi al suo Paese.
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Intanto il Consiglio europeo, dopo il sì all'ingresso di Kiev come candidato a entrare nella Ue, ha scelto di rinviare a ottobre la decisione sul tetto al prezzo del gas. «Alcuni paesi sono molto esitanti ad agire- ha rilevato il premier Mario Draghi - Nella risoluzione finale il Consiglio invita la commissione a produrre uno studio entro settembre, per poi discuterne a ottobre». Draghi ha precisato che per quanto riguarda il nostro Paese «gli stoccaggi vanno molto bene» e la «dipendenza dal gas russo è scesa al 25 per cento».
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