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Crisi Ucraina, asse tra Draghi e Macron per il Recovery bis e il tetto al prezzo del gas. Come evitare la catastrofe

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Bisogna affrontare il problema del caro-prezzi frenando prima di tutto l'impennata per quelli dell'energia con il price cap. Un discorso, quello di Mario Draghi all'Ocse di Parigi - che vede l'Italia padrona di casa -, che detta la linea economica internazionale post pandemia e stretta nel conflitto in Ucraina.

Incassato il sostegno del presidente francese, Emmanuel Macron, con cui ieri si è intrattenuto a cena, il premier vuole essere protagonista, assieme a Parigi e Berlino, della nuova crisi che attraversa l'Europa e indicare la strada. L'obiettivo ora è convincere gli altri leader europei a proseguire sull'agenda del vertice di Versailles di marzo e a inaugurare con coraggio nuovi strumenti di finanziamento Ue. Per progredire nell'autonomia strategia sul fronte energetico e, di riflesso, far fronte alla crescita esponenziale dei prezzi.

L'inflazione, osserva, ha raggiunto livelli record ma vanno considerati i fattori che fanno raddoppiare il tasso di crescita dei prezzi: il cibo e l'energia. E su questi occorre intervenire. Se li escludiamo, il +8,1% di inflazione di maggio nell'eurozona in realtà, sarebbe della metà e di molto inferiore a quella degli Usa. In sostanza, spiega il premier, "almeno nell'Unione europea, l'aumento dell'inflazione non è del tutto un segno di surriscaldamento, ma in gran parte il risultato di una serie di shock dell'offerta". Ecco perché "dobbiamo ridurre i prezzi dell'energia e offrire sostegno finanziario alle famiglie e alle imprese, soprattutto quelle più bisognose" e far recuperare ai salari il loro potere d'acquisto.

La ricetta c'è, ed è quella indicata a più riprese dall'Italia, ovvero il tetto al prezzo del gas importato dalla Russia, quel 'price cap' che il governo di Roma è riuscito a far inserire nelle conclusioni dell'ultimo Consiglio europeo. "Questa misura limiterebbe l'aumento del tasso di inflazione, sosterrebbe il reddito disponibile e ridurrebbe i nostri flussi finanziari verso Mosca", insiste il titolare di Palazzo Chigi davanti ai rappresentanti dei 36 paesi Ocse. Un tasto su cui Draghi ha cercato la sponda francese nel colloquio con Macron di ieri sera, consapevole che "le discussioni sono ancora in corso" e che "la strada da percorrere potrebbe essere lunga".

Bisogna fare attenzione a non "creare una spirale prezzo-salario che comporterebbe, a sua volta, tassi di interesse ancora più elevati". D'altronde, "le banche centrali hanno iniziato a inasprire la politica monetaria, portando a un aumento degli oneri finanziari", afferma il premier. E il suo sembra quasi un suggerimento alla Bce che proprio oggi ha deciso di aumentare i tassi a luglio.

La cornice è sempre quella della crisi ucraina, che ha peggiorato le condizioni economiche, e che "rischia di provocare una catastrofe umanitaria" per "l'interruzione delle filiere alimentari", in particolare del grano, che ha fatto salire i prezzi. Bisogna fare il possibile per tirare fuori le tonnellate di cereali dai porti dell'Ucraina. E agli occhi di Draghi, dopo il fallimento del tentativo turco, gli sforzi dell'Onu sembrano l'unica soluzione possibile al momento.

Sul fronte europeo, è ancora Draghi a indica la strada da percorrere per uscire dalla crisi innescata dal conflitto. Bisogna "considerare di replicare alcuni degli strumenti congiunti che ci hanno aiutato a riprenderci rapidamente dalla pandemia", è l'appello di Draghi all'organizzazione nata dopo la Seconda Guerra Mondiale per attuare il piano Marshall. E cita il fondo Sure, un strumento che permette prestiti agevolati agli Stati per finanziare politiche di sostegno al lavoro, cassa integrazione compresa, e di cui l'Italia è il primo beneficiario di Sure, con prestiti per un totale di 27,4 miliardi. Prestiti, appunto, non sovvenzioni. Sui quali i paesi più frugali, che frenano all'ipotesi di un Recovery bis, non possono dirsi contrari. Infine, esorta il premier, occorre attuare rapidamente lo "storico accordo" raggiunto in sede Ocse sulla tassazione minima al 15% delle multinazionali, "per rendere l'economia mondiale più equa, più forte e più inclusiva". Una strada tracciata, appunto, in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 giugno.

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